Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

Audizione del capo di Sme Gen. Danilo ERRICO in commissione difesa del Senato. "L'obiettivo - riportato dal Libro bianco - è di avvicinare le Forze armate italiane a percentuali simili a quelle delle Forze armate degli altri Paesi europei raggiungendo, a regime, un bilanciamento tra servizio permanente e tempo determinato tendenzialmente pari a circa il 50 per cento. Tale bilanciamento deve essere conseguito in tempi credibili, al fine di determinare un graduale freno all'eccessivo invecchiamento della Forza armata e al relativo incremento dei costi. Ciò si traduce, per l'Esercito, in una ulteriore sfida di rimodulazione, in senso riduttivo, di tutte le categorie in servizio permanente...." . "I volontari in servizio permanente rappresenteranno la criticità principale per il conseguimento degli obiettivi prefissati nel Libro Bianco, atteso che gli sbilanciamenti esistenti nei ruoli degli ufficiali e dei marescialli -inferiori rispetto a quelli che si registreranno per i volontari in servizio permanente- potranno essere gestiti attraverso alcuni strumenti normativi già previsti dal legislatore. In tale ottica, quindi, l'esubero del personale ufficiali e marescialli risulta meno critico rispetto a quello che interesserà i volontari in servizio permanente...."

Legislatura 17ª - 4ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 140 del 15/07/2015


Audizione del Capo di Stato maggiore dell'Esercito, generale di corpo d'armata Danilo Errico in relazione all'affare assegnato sulle linee programmatiche dei vertici delle Forze armate (n. 33)   

 

     Il presidente LATORRE rivolge un indirizzo di saluto al generale Errico, ringraziandolo per la sua disponibilità e cedendogli contestualmente la parola.

 

            Nel ringraziare il presidente Latorre e i componenti della Commissione per l'opportunità di illustrare le linee programmatiche della Forza armata a pochi mesi dal proprio insediamento, il generale ERRICO nota che lo scopo dell'intervento odierno è quello di approfondire alcune tematiche di interesse dell'Esercito italiano.

            Protagonista dal 1861 della storia nazionale e depositario di antiche e gloriose tradizioni, l'Esercito è un moderno e apprezzato strumento che contribuisce al rafforzamento del profilo internazionale dell'Italia. Allo stesso modo, sul piano nazionale, rappresenta un’Istituzione solida e una risorsa altamente specialistica e spendibile in ogni occasione, sempre presente e vicina ai cittadini, intervenendo tempestivamente in circostanze di pubblica calamità e altri eventi di straordinaria necessità e urgenza.

            I risultati ottenuti in operazioni e le caratteristiche degli scenari futuri cui l'Italia potrà essere chiamata ad intervenire, confermano che il Paese non potrà assolutamente fare a meno di una componente terrestre, ridimensionata sì nei numeri, ma moderna, motivata, addestrata, ben equipaggiata, ovvero in grado di operare efficacemente a fianco degli eserciti dei maggiori Paesi partner europei e non.

            La configurazione dell'Esercito oggi - così com'è - è il risultato di cicli di pianificazione della Difesa del passato, che come noto hanno lo scopo di definire nel medio e lungo termine la coñiposizione quantitativa e qualitativa di personale, materiali e mezzi dello strumento militare necessari per assolvere la missione assegnata.

            La legge 244 del 2012 rappresenta un punto fermo che prefigura lo strumento militare al 2024 e basa la sua proiezione temporale su risorse finanziarie che avrebbero dovuto garantire tale sviluppo. Così non è stato perché le successive leggi di bilancio ne hanno compromesso l'impianto iniziale.

            Oggi il Libro bianco, documento di fondamentale importanza per indirizzare le future scelte - fortemente voluto dal Ministro Pinotti - richiede un ulteriore approfondimento sullo strumento militare a compimento del quale sarà necessario raccordare gli orientamenti della legge 244/2012 con i risultati dell'implementazione dello stesso nei settori della governance, del modello operativo e del personale.

            Quindi, in attesa degli esiti, un Capo di Stato maggiore può allo stato attuale solo riferire quale direzione stia seguendo e riservarsi di verificare, a conclusione dello studio per l'implementazione del Libro bianco e conseguenti decisioni che verranno assunte, se ci sarà compatibilità d'intenti ovvero se si renderanno necessari dei correttivi.

            Al riguardo, prosegue l’oratore, la presentazione odierna seguirà l'alveo delle linee programmatiche indicate dal Capo di Stato maggiore della Difesa, generale Graziano, che riguardano l'operatività dell'attuale strumento e la sua razionalizzazione e modernizzazione, settori questi che l’oratore provvederà ad allineare in futuro sulla base dei redigendi documenti dello stesso Stato maggiore della Difesa relativi alla «revisione strategica della Difesa» e alla «pianificazione di lungo termine». Come noto, tale competenza risale al Capo di Stato maggiore della Difesa e pertanto la pianificazione dell'Esercito non potrà che essere - in un'ottica sempre più interforze - una «componente» di quella della Difesa in perfetta armonia con i contenuti del citato Libro bianco.

            A ciò seguirà un breve cenno sull'addestramento e sulla simulazione, suo naturale complemento, di precipua competenza dei capi di Stato maggiore di Forza armata. Infine, sempre alla luce degli orientamenti contenuti nel Libro bianco, descriverà quella che è al momento la situazione del personale, con particolare riferimento ai graduati in servizio permanente e ai militari in ferma prefissata, con i possibili scenari evolutivi per il loro reclutamento ed il trattenimento in servizio.

            L’oratore procede quindi con un breve cenno sull'operatività dello strumento, intesa come capacità che sono state espresse e sono attualmente assicurate dall'Esercito in attività operative. L'Esercito dal dopoguerra opera sul territorio nazionale (in concorso alla Protezione civile per pubbliche calamità e alle Forze di polizia per la sicurezza interna) ed in ambito internazionale.

            In particolare, ricorda che, dal 1979 ad oggi, l'Esercito ha rappresentato la componente principale dei contingenti militali nazionali (circa il 75 per cento della forza complessiva), e che solo con la presenza del soldato sul terreno (gli anglosassoni dicono: boots on the ground) possono essere raggiunti e consolidati i voluti risultati operativi. Tale bagaglio esperienziale è stato maturato in tutto lo spettro della conflittualità, che ha visto impegnata la Forza armata ad esempio nel 2003, simultaneamente in 5 diversi teatri operativi (Macedonia, Kosovo, Afghanistan, Iraq e Libano) con punte d'impegno di circa 9000 unità, esperienze che oggi consentono all’Esercito di esprimere quelle qualificate capacità che i teatri di operazione richiedono.

            Evidenzia poi che l'impegno medio dell'Esercito, solo all'estero, è stato negli ultimi 20 anni di circa 5600 uomini, pari a più di 2 brigate permanentemente impiegate nelle principali operazioni nei teatri operativi di riferimento (mediorientale, balcanico, africano e centro­asiatico).

            Tutti gli impegni delle Forze armate - e, quindi, anche dell'Esercito - si inquadrano nell'ambito delle missioni assegnate ai sensi della legge 66/2010 (codice dell'ordinamento militare – articoli 89 e 92), che sono riconducibili, come noto, a quattro categorie: la difesa dello Stato, la difesa degli spazi euro-atlantici, il contributo, sotto l'egida delle Nazioni unite, alla pace e alla sicurezza internazionale, il concorso alla salvaguardia delle istituzioni e il soccorso in caso di pubbliche calamità.

            Tali missioni si traducono, per l'Esercito, nella capacità di assolvere tre ruoli preminenti: la prevenzione di conflitti, crisi ed emergenze, la stabilizzazione di perduranti condizioni di instabilità in aree di crisi derivanti da conflitti inter e intra nazionali; la cooperazione per la sicurezza delle istituzioni e della popolazione nelle aree di interesse strategico.

            Da questo discende quanto oggi messo in campo negli impegni attuali dell'Esercito. L'evolversi dello scenario internazionale e la persistente crisi finanziaria mondiale hanno dato impulso a nuove strategie di sicurezza che prevedono un ampio ricorso a iniziative tese allo sviluppo delle capacità di sicurezza e, in particolare, di assistenza alle Forze di sicurezza locali.

            In tale ambito, si inserisce l'impegno dell'Esercito nelle attuali e recenti missioni dì assistenza ed addestramento della UE, della NATO, di coalizione e nazionali, con circa 800 unità impegnate nei diversi teatri e le altre operazioni di stabilizzazione che continuano, in particolare in Libano e Kosovo, dove l'Esercito vede giornalmente impegnata una forza di circa 1.600 uomini e donne, che in sistema con le precedenti 800 un. fanno attestare il contributo nelle operazioni estere (NATO, ONU, EU) a circa 2.400 unità.

            Passando alle operazioni sul territorio nazionale, l’oratore ricorda in primo luogo l’operazione "Strade Sicure" che, dal suo avvio nell'agosto del 2008, ha visto l'impiego di circa 162.000 militari che si sono alternati in attività di pattugliamento e vigilanza a siti ed obiettivi sensibili. Tali attività, che hanno riscosso e riscuotono l'unanime riconoscimento da parte delle autorità locali e della cittadinanza, vedono attualmente schierati 4.800 militari dislocati dal Piemonte alla Sicilia.

            A questi si aggiungono poi 1.855 unità impegnate per far fronte alle esigenze di sicurezza connesse con l'"EXPO 2015" di Milano, con un totale complessivo di 6.655 unità.

            Passando, in aggiunta, ad analizzare la dimensione dell'impegno multinazionale della Forza armata, il generale ricorda che l'Esercito partecipa mediamente con 4.400 unità alla costituzione del bacino di unità interforze poste in elevato stato di prontezza a disposizione del Capo di SMD, cosiddetto Joint Rapid Response Force - JRRF, per far fronte sia agli impegni già in atto con le principali organizzazioni Internazionali di cui l'Italia fa parte (NATO, UE ed eventualmente ONU), sia ad esigenze di origine nazionale/multinazionale non preventivate.

            In totale il personale che opera o è prontamente impiegabile per impegni in ambito nazionale e multinazionale ammonta a circa 13.500 unità.

            Esaminata la dimensione dell'impegno attuale dell'Esercito, l’oratore si sofferma sul processo di revisione della Forza armata.

            Detto sviluppo è stato avviato con la legge 135/2012 (cosiddetta Spending Review) ed implementata, poi, con la legge 244/2012 ed i relativi decreti attuativi n. 7 e n. 8. Il combinato disposto di tali norme riconduce detto processo a tre fasi; la prima, tesa ad abbattere le dotazioni organiche del personale militare e civile in misura del 10 per cento e della dirigenza del 20 per cento i cui obiettivi saranno conseguiti al 31 dicembre del corrente anno; la seconda, da concludere entro il 2020 (sei anni dall'entrata in vigore del decreto legislativo 7/2014), finalizzata alla riduzione delle strutture organizzative in misura pari almeno al 30 per cento, mediante oltre 200 provvedimenti di soppressione e riorganizzazione confluiti nel D.lgs. 7 e nelle sue relazioni illustrative; la terza e ultima volta, al definitivo conseguimento del cosiddetto modello 90.000 in cui il personale militare e quello civile entro il 2024 saranno stati ridotti rispettivamente del 20 e del 30 per cento.

            La riduzione degli ufficiali generali, anch'essa pari al 30 per cento rispetto ai volumi del 2012, dovrà, infine, avvenire in modo più rapido per concludersi entro il 2021. In ottemperanza agli obiettivi imposti dal quadro normativo di riferimento, la Forza armata, a suo tempo, ha individuato i seguenti capisaldi su cui basare la propria ristrutturazione, veicolata poi nel citato decreto legislativo n. 7 del 2014 ed in particolare: l’eliminazione di strutture o aree di sovrapposizione; l’accrescimento dell'operatività delle brigate di manovra e dei reggimenti; l’accorpamento di talune funzioni presso il vertice della Forza armata; la ricerca della vicinanza alle maggiori aree addestratile; la realizzazione di una concentrazione geografica del comando di brigata e delle unità dipendenti; la riduzione del numero di sedimi in uso.

            Al fine di conseguire tali obiettivi, è stata adottata una struttura generale più agile rispetto al passato mediante la soppressione dell'Ispettorato delle infrastrutture e la conseguente riallocazione delle responsabilità del peculiare settore nello Stato maggiore, conseguendo in tal modo un modello a quattro  vertici d'area.

            Tuttavia, la necessità di aggiornare costantemente il processo di revisione, sulla base del mutato scenario economico e geostrategico di riferimento, ha imposto, peraltro, anche la necessità di conseguire ulteriori razionalizzazioni ed ottimizzazioni delle strutture organizzative.

            Il modello individuato a seguito di una proposta di correttivo al decreto legislativo 7/2014 -attualmente all'esame della Difesa - delinea un'architettura di vertice che prevedrà uno Stato maggiore, quale organo di staff, alle dipendenze del Capo di Stato maggiore dell'Esercito e due Comandi di vertice che sovraintendono rispettivamente alla struttura scolastico-formativa e a quella logistica. Inoltre, per quanto attiene all'area operativa, l'implementazione dei comandi multifunzione -di cui vi parlerò a breve- permetterà di ridistribuire le funzioni territoriali e infrastrutturali con conseguente riduzione degli organi deputati al loro assolvimento.

            Entrando nel dettaglio, prosegue, alle dirette dipendenze del Capo di Stato Maggiore -qualora approvato- sarà posta l'intera area operativa, nella quale assumeranno un molo centrale i citati 3 Comandi "multifunzione" delle forze operative, con responsabilità sull'approntamento delle brigate dipendenti e sugli affari territoriali e infrastrutturali. Tali riorganizzazioni peraltro vengono attuate nel rispetto dei vincoli organici della dirigenza stabiliti dal suddetto decreto legislativo 8/2014.

            Si sofferma poi sul processo di modernizzazione dei mezzi e dei sistemi d'arma della Forza armata.

            I provvedimenti di riordino dello strumento militare terrestre poc’anzi illustrati hanno imposto anche l'inizio di un ammodernamento delle capacità improntato al rispetto dei seguenti principi: aumentare la "protezione delle forze" per garantire elevati standard dì sicurezza al personale; incrementare l'interoperabilità al fine di integrarsi al meglio in ambito interforze e nelle coalizioni; prevedere la "dualità" dei compiti e dell'impiego delle piattaforme.

            Ciò determina la necessità di sviluppare un processo di ammodernamento che tenga conto dell'attuale carenza di risorse per l'investimento, oramai considerata più una costante che un vincolo di pianificazione; recepisca senza soluzione di continuità le lezioni apprese che provengono dai teatri operativi; progredisca anche in funzione delle obsolescenze e dell'accresciuto tasso di usura dei materiali; preveda piattaforme ed equipaggiamenti speciali ad elevata connotazione "duale"; contempli comunque l'evoluzione della tecnologia.

            Si domanda perciò quale sia un livello di impegno sostenibile, dal momento che l'Esercito è impegnato giornalmente con circa 6.500 uomini e donne sul territorio nazionale.

            A questi sono da aggiungere i circa 2.500 impegnati, in media, in missioni che possono essere assimilate nel complesso all'ipotesi di impiego in un teatro operativo minore, le circa 5.000 unità che devono essere pronte ad intervenire in un Teatro Operativo Maggiore (come lo è stato ad esempio il Kosovo all'inizio della missione KFOR e, non si può escludere in futuro; altre aree, alla luce delle situazioni internazionali contingenti), nonché i circa 5.000 soldati connessi all'assolvimento degli impegni già assunti in ambito NATO e UE (NRF ed EU BG).

            Al riguardo, precisa che, per ogni brigata impiegata in teatro operativo, occorre approntarne ed equipaggiarne altre tre per assicurare l'indispensabile turnazione e dunque la sostenibilità nel tempo dell'operazione.

            Ciò premesso, per poter assolvere i compiti istituzionali, e quindi onorare il livello di impegno, occorre garantire che le risorse assegnate all'Esercito siano tali da consentire l'acquisizione dei mezzi e degli equipaggiamenti allo stato dell'arte proprio per fornire la sicurezza e la protezione delle donne e degli uomini sul terreno, oltre che capacità «Dual use».

            La crescente pericolosità e variabilità delle attuali minacce riscontrabili in operazioni impone alla Forza armata di adeguare tutte le proprie capacità per poter operare nell'intero spettro di operazioni.

            E tale esigenza è tanto più urgente in quanto la nota contrazione delle risorse assegnate per gli investimenti e per il mantenimento in esercizio delle sue componenti sta provocando negative ricadute sull'ammodernamento degli equipaggiamenti nonché sull'approvvigionamento delle scorte e delle parti di ricambio sempre più esigue; i mezzi più efficienti e ammodernati, proprio perché utilizzati in maniera continuativa in operazioni, sono stati soggetti ad un'usura precoce; a causa della vetustà delle principali piattaforme, le scarse risorse disponibili sono state concentrate per mantenere in efficienza e ammodernare tendenzialmente i mezzi utilizzati in operazioni.

            In sintesi, nota il generale Errico, ci troviamo in una situazione in cui, a causa della crescente vetustà e inefficienza delle piattaforme, aumenta progressivamente il rischio operativo e, contestualmente, si riduce la flessibilità di impiego nel fare fronte ad esigenze impreviste. A causa della presenza di piattaforme meno rispondenti alle esigenze degli attuali teatri di operazione, la cui vita tecnica si esaurirà in un orizzonte temporale variabile fra i 5-10 anni, l'Esercito può impiegare nei teatri operativi soltanto una parte di esse, a meno dell'accettazione di maggiori rischi.

            Si tratta, prosegue, di una situazione che potrà essere minimizzata soltanto investendo adeguate risorse finanziarie da focalizzare prioritariamente sul sostegno logistico dei mezzi nonché sull'acquisizione di capacità nei seguenti settori: la sicurezza e protezione del personale; l'efficienza operativa dello strumento che consenta un'azione efficace per conseguire l'obiettivo; la selettività di intervento; il rafforzamento dell'interoperabilità con gli eserciti dei principali Paesi alleati.

            Proprio per mitigare il rischio, si è dovuto far gravitare le poche risorse disponibili sui mezzi più moderni ed efficienti, usati costantemente nei teatri operativi e che costituiscono circa il 25 per cento dell'intero parco mezzi della Forza armata.

            Per abbattere i rischi, occorre invertire tale tendenza consapevoli del fatto che, quand’anche si potesse disporre da subito delle risorse, il processo di ammodernamento comporta comunque dei ritardi connessi alle potenzialità produttive dell'industria.

            Avendo rinnovato solo il 25 per cento delle piattaforme, il tempo minimo necessario per completare il processo di ammodernamento può essere ragionevolmente stimato in 10 anni, completando così la modernizzazione di tutte le capacità entro il 2025. Così -ancorché con costi più elevati- il rischio verrebbe abbattuto, appunto, in soli 10 anni.

            Uno sviluppo temporale su 20 anni, invece, comporta all'inizio un livello elevato di rischio che tuttavia andrebbe via via riducendosi all'aumentare della quota di mezzi e materiali ammodernati.

            Il percorso presenterebbe, rileva, un deciso miglioramento orientativamente al 2025 e i costi annuali per l’ammodernamento/rinnovamento, evidentemente, sarebbero minori.

            In tale quadro si potrà procedere, infatti, alla modernizzazione, in via prioritaria, di quelle unità maggiormente spendibili nei teatri operativi a più alto indice di occorrenza (brigate leggere e medie), senza però trascurare la disponibilità, in tempi ridotti, della componente pesante che, ancorché impiegabile negli scenari meno probabili, mantiene comunque una minima possibilità di impiego e attualità anche nei moderni teatri di operazione (vedasi crisi russo-ucraina).

            Inoltre, poiché, come già esposto, buona parte delle piattaforme in uso esaurirà la propria vita tecnica nel prossimo decennio, anche a causa della particolare usura a cui sono sottoposte, si rende indispensabile prevederne la sostituzione ovvero effettuare un upgrade al fine di prolungarne la disponibilità (la cosiddetta vita operativa). Al riguardo, non solo è necessario fasare il processo di ammodernamento in funzione della residua vita tecnica delle piattaforme esistenti, ma bisogna farlo tenendo anche conto delle priorità operative. Si evince chiaramente che il mancato ammodernamento/sostituzione delle piattaforme che stanno giungendo al termine della loro vita tecnica provocherebbe significative ricadute sull'operatività della Forza armata.

            Coerentemente con quanto espresso finora, il piano di ammodernamento e rinnovamento, posto alla base della pianificazione generale dell'Esercito, prevede interventi di modernizzazione nell'area manovra (con le sue componenti 3ª dimensione, meccanizzata/corazzata, media/anfibia e leggera), nell'area ISTAR (Intelligence, Surveillance, Target Acquisition, Reconnaissance) e in quella delle forze speciali. Di prioritaria importanza poi l'introduzione in servizio del sistema individuale da combattimento che assicura al personale, in particolare, protezione, precisione di ingaggio e comunicazioni sicure.

            Tutti i sistemi d'arma dovranno essere compatibili con il programma denominato "Forza NEC" (Network Enabled Capability), il quale rappresenta un valore aggiunto per le forze schierate sul terreno.

            In seguito alla digitalizzazione, prosegue l’oratore, tali forze potranno accrescere la capacità di comando e controllo e di raccolta di informazioni e dati, allo scopo di condividerli in tempo reale con tutti gli attori coinvolti; integrare le nostre unità in ambienti interforze, multinazionali e intergovernativi; godere di maggiore protezione attiva e passiva; migliorare la capacità di discriminare obiettivi.

            In conclusione, il piano di ammodernamento e rinnovamento predisposto dall'Esercito prevede una graduale dismissione dei sistemi d'arma più obsoleti e il rinnovamento del proprio parco mezzi e materiali con piattaforme maggiormente performanti che coniughino una maggiore efficacia operativa, l'incremento della protezione per il personale ed una spiccata flessibilità in ottica «Dual Use». Ciò anche alla luce della necessità di assolvere i molteplici compiti, anche di elevata complessità, richiesti dagli attuali e mutevoli scenari operativi, delineati anche dal nuovo Libro bianco.

            Tuttavia, tale processo di trasformazione non sarà compiutamente realizzabile senza adeguate risorse sul bilancio ordinario e/o l'eventuale intervento da parte del Ministero dello sviluppo economico che, da anni, sostiene taluni programmi in ragione del loro particolare contenuto tecnologico e della specificità del comparto produttivo.

            Risulta quindi fondamentale continuare a orientare risorse certe, strutturali, verso il "settore terrestre" al fine di poter disporre di uno Strumento Militare caratterizzato da una forte interoperabilità ed integrazione interforze ed un corretto bilanciamento tra le diverse componenti operative delle Forze armate, in linea con le direttive del Libro bianco della Difesa e del Capo di Stato maggiore della difesa.

            Passando al tema dell'addestramento e della simulazione, precisa che, sulla base dell'attuale scenario di riferimento, sono state emanate direttive affinché l'attività addestrativa svolta dai comandi e dalle unità dell'Esercito sia sempre finalizzata a disporre permanentemente di personale con un livello addestrativo adeguato. Ciò passa attraverso un'attenta revisione dei percorsi di preparazione individuale e collettiva.

            Da questa consapevolezza sono state delineate le linee evolutive nel campo dell'addestramento sulle quali l'Esercito si sta muovendo, nonostante la drastica e poi progressiva diminuzione della disponibilità dei fondi sul bilancio ordinario dedicati all'addestramento che ha costretto ad effettuare un'accurata selezione e "prioritarizzazione" delle attività addestrative al fine di garantire l'indispensabile capacità operativa delle unità.

            In particolare, la diminuzione delle risorse sull'addestramento è stato negli anni parzialmente attutita dall'elevata incidenza delle operazioni fuori area e dalla conseguente disponibilità di risorse ad hoc dedicate.

            Peraltro, continua, sussiste la stringente necessità che l'Esercito mantenga anche un adeguato standard di capacità per impieghi cosiddetti "war", necessario per garantire l'espletamento del suo compito prioritario, anche se caratterizzato da una bassa probabilità di occorrenza, che è quello relativo alla difesa del Paese.

            A fronte degli stanziamenti assicurati dalla legge di bilancio e dei finanziamenti ricevuti attraverso i decreti-legge di di proroga delle Operazioni "Fuori Area", il livello di addestramento garantito al personale ed alle unità dell'Esercito ha certamente consentito di ottemperare a tutti gli impegni sul territorio nazionale ed a carattere internazionale.

            In particolare, per l’esercizio finanziario 2015, tenuto conto del budget complessivamente dedicato all'addestramento, la Forza armata - in termini di Output operativo - riuscirà ad approntare complessivamente il 96 per cento dei propri reggimenti operativi, secondo attività addestrative differenziate per vari livelli di capacità da conseguire.

            Pertanto, solo il 29 per centoavrà condotto l'addestramento che gli consentirà l'impiego in ogni situazione operativa.

Il rimanente 67 per centosarà impiegabile solo in situazioni a media, bassa intensità o sul territorio nazionale in concorso alle Forze di polizia.

            Inoltre, sempre in termini di performance, si misura un mancato approntamento per il 4 per cento, che non riuscirà a completare l'iter addestrativo neanche per il modulo iniziale, che conferisce la sola capacità di impiego in operazioni di sicurezza del territorio e di pubblica utilità/operazioni umanitarie.

            Per avere tutte le unità impiegabili ad ampio spettro servirebbero in totale circa 134,3 milioni di euro annui.

            Il generale nota come la capacità della Forza armata di garantire alle proprie unità le opportunità addestrative indispensabili per l'assolvimento dei compiti istituzionali sia direttamente collegata alla piena disponibilità e utilizzazione dei poligoni/aree addestrative. Attualmente la Forza armata ha in uso 141 poligoni/aree addestrative dislocati su tutto il territorio nazionale che sono utilizzati anche dalle altre Forze armate e Corpi armati dello Stato.

            Si tratta di siti variabili e differenziati in termini di estensione e della tipologia delle attività da condurre.

            L'addestramento individuale al tiro con armi portatili richiede la disponibilità di aree piuttosto limitate, mentre le esercitazioni "in bianco" e a fuoco di sistemi d'arma più sofisticati e di complessi di forza di livello ipotizzabile negli attuali interventi nei teatri operativi, richiedono la disponibilità di aree estese e adeguatamente attrezzate.

            Precisa che l'attuale sistema di poligoni nazionale è già a livello di mera sufficienza e non è ulteriormente comprimibile.

            In particolare, il poligono di Capo Teulada è il più importante in quanto è l'unico che consente all'Esercito l'approntamento unitario e l'amalgama di complessi di forze fino a livello gruppo tattico: gli altri poligoni sono integrativi dell'attività che si svolge a Teulada. In generale, la disponibilità temporale dei poligoni non è assoluta in quanto sussistono limitazioni al loro utilizzo che tengono conto delle esigenze locali, ambientali e stagionali, in accordo a specifici disciplinari d'uso.

            Al riguardo, evidenzia che la Forza armata negli ultimi 15 anni ha già dismesso più di 50 poligoni/aree addestrative e recentemente ne ha proposti ulteriori 5 per la dismissione.

            IPaesi alleati occidentali, vicini all'Italia per cultura e impianto normativo, dedicano maggiori risorse territoriali per la costituzione di aree addestrative per le loro Forze armate.

            Circa l’opzione di utilizzare i poligoni all'estero, rileva criticamente come l'addestramento svolto fuori dal territorio nazionale risulta finanziariamente non conveniente in ragione soprattutto degli elevati costi di trasporto. In aggiunta, l'uso delle installazioni straniere è soggetto comunque alla disponibilità di ricezione e questo potrebbe creare dei seri problemi ai fini della programmazione dell'approntamento.

            Per poter sopperire alla carenza/limitazioni di poligoni, nota l’oratore, è necessario fare un ricorso massivo alla simulazione.

            Le attività addestrative ed esercitative gioveranno dell'innesto dei sistemi di simulazione ad ogni livello: partendo dall'approntamento dei  Posti Comando e Staff (simulazione Constructive), passando all'addestramento delle unità presso le sedi stanziali - Home Station Training (simulazione Virtual) e terminando con esercitazioni a più ampio respiro presso i costituendi Centri di Addestramento Tattico, a partiti contrapposti (simulazione Live).

            L'impiego della simulazione porterà innumerevoli vantaggi, quali: economia delle risorse; immersione in un ambiente realistico in grado di riprodurre qualsiasi tipo di minaccia e ambiente operativo; incremento della sicurezza del personale e dei materiali impiegati; drastica riduzione dell'impatto ambientale; caratteristica duale dei sistemi di simulazione.

            Si sofferma poi sul tema del personale, vero centro di gravità, a proprio avviso, dell'Esercito.

            La legge 244/2012 e il discendente decreto legislativo 8/2014 hanno fissato in 150.000 le dotazioni organiche complessive delle Forze armate, di cui 89.400 per l'Esercito, da conseguire entro il 2024. Ciò, ferma restando la possibilità, in relazione all'andamento dei reclutamenti e delle fuoriuscite del personale, di prorogare tale termine con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

            In tale quadro, tenuto conto dell'andamento delle consistenze "a fuoriuscite naturali" delle diverse categorie nel medio-lungo termine, è verosimile che al 2024 i volumi dell'Esercito si attesteranno intorno alle 95.000 unità, con uno sbilanciamento tra le categorie degli ufficiali e dei sottufficiali dovuto ad un esubero degli effettivi pari a 5.636 rispetto alle dotazioni organiche previste a quella data.

            Complessivamente oggi si contano circa 10.700 unità in più rispetto all'organico di 89.400 da conseguire entro il 2024.

            Peraltro, rileva, al processo di graduale riduzione, si sovrappone l'ulteriore indirizzo del Libro bianco che, nel precisare che «per soddisfare strutturalmente il requisito chiave di un'età media relativamente bassa è necessario che solo per una paite della forza complessiva la professione militare possa perdurare per tutta la vita», orienta le Forze armate, e quindi l'Esercito, a rivedere le percentuali di ripartizione fra forza in servizio permanente e forza in ferma prefissata, pur confermando le dotazioni organiche complessive stabilite dalla legge 244/2012.

            L'obiettivo - riportato dal Libro bianco - è di avvicinare le Forze armate italiane a percentuali simili a quelle delle Forze armate degli altri Paesi europei raggiungendo, a regime, un bilanciamento tra servizio permanente e tempo determinato tendenzialmente pari a circa il 50 per cento. Tale bilanciamento deve essere conseguito in tempi credibili, al fine di determinare un graduale freno all'eccessivo invecchiamento della Forza armata e al relativo incremento dei costi. Ciò si traduce, per l'Esercito, in una ulteriore sfida di rimodulazione, in senso riduttivo, di tutte le categorie in servizio permanente.

            In particolare la riduzione più consistente si avrebbe per i volontari in servizio permanente, da un volume organico di circa 41.000 a 20.000, proprio per ottenere l'auspicato bilanciamento.

            Negli eserciti alleati, rileva, la componente di truppa in ferma prefissata è dominante e questo consente di disporre di personale giovane e performante. Infatti, questi svolgono il proprio servizio con ferme iniziali tendenzialmente brevi con la possibilità di fruire di rafferme successive. Ciò permette di mantenere la giusta entità di personale a connotazione prettamente operativa, con adeguate capacità psico-fìsiche.

            In particolare, né in Francia né in Germania è prevista una componente di truppa in servizio permanente, bensì aliquote minime di personale altamente qualificato che transitano nella categoria dei sottufficiali.

            La Spagna punta a raggiungere la percentuale del 10 per cento in servizio permanente e del 90 per cento in ferma prefissata.

            La categoria del volontario in servizio permanente, nota, è costituita da personale che mediamente ha una età intorno ai 35 anni, di cui i più anziani raggiungeranno l'età per la pensione a partire dal 2030. Infatti, l'attuale ruolo dei volontari in servizio permanente risente fortemente delle massicce alimentazioni avvenute nei primi anni 2000, allorquando si è rapidamente passati dalla coscrizione al modello professionale. Il dimensionamento del periodo transitorio per il conseguimento degli obiettivi è strettamente connesso alla riduzione delle consistenze dei volontari in servizio permanente. Tale riduzione è possibile solo attraverso strumenti e provvedimenti legislativi, tutti da inventare e sostenere. Con l'implementazione degli indirizzi del Libro bianco, i nuovi obiettivi di forza organica, da raggiungere in ciascuna categoria di personale, determineranno nuove situazioni di eccedenze e di vacanze. In particolare, si acuisce lievemente l'eccedenza degli ufficiali e dei marescialli anziani, e si evidenzia il numero di volontari in servizio permanente in eccesso rispetto alla citata esigenza indicata dal Libro bianco.

            Pertanto, i volontari in servizio permanente rappresenteranno la criticità principale per il conseguimento degli obiettivi prefissati, atteso che gli sbilanciamenti esistenti nei ruoli degli ufficiali e dei marescialli -inferiori rispetto a quelli che si registreranno per i volontari in servizio permanente- potranno essere gestiti attraverso alcuni strumenti normativi già previsti dal legislatore. In tale ottica, quindi, l'esubero del personale ufficiali e marescialli risulta meno critico rispetto a quello che interesserà i volontari in servizio permanente.

            Ipotizzando per i volontari in servizio permanente solo esodi naturali, cioè per raggiunti limiti di età, vi saranno i primi sostanziali cali a partire dal 2030. Contestualmente, a partire dallo stesso anno, l'andamento delle consistenze dei volontari in ferma prefissata (VFP) si eleverà, in modo complementare rispetto al totale della categoria volontari di truppa (VSP+VFP), fino a raggiungere il massimo di 42.900 nel 2042.

            Nel 2038 vi sarà il bilanciamento numerico delle due componenti in ferma prefissata e in servizio permanente, che in linea di massima può essere inteso come obiettivo intermedio. Rileva come in questa ipotesi meramente teorica, il raggiungimento dell'obiettivo si avrà con un transitorio di 25 anni a partire dal 2017 che finirà nel 2042. In tale transitorio i moduli di alimentazione dei VFP sono dimensionati sulla esigenza di calo delle consistenze di VSP. A regime, invece, l'esigenza di alimentazione annua dei VFP, tenuto anche conto delle uscite per concorso in altri ruoli e nelle Forze di polizia, è pari a circa 7.000 unità/anno, che è quanto l’Esercito sta al momento reclutando.

            Un periodo transitorio così lungo, nota l’oratore, non è credibile e, peraltro, porterebbe ad un enorme divario di età fra i professionisti in servizio permanente e quelli in ferma prefissata (per tutto il periodo del transitorio).

            Peraltro l'ipotesi illustrata, ove realizzata, porterebbe ad un ulteriore risparmio dell'8 per cento rispetto a quanto sarà ottenuto dalla legge 244, abbattendo complessivamente del 26 per cento gli attuali costi di tutto il personale dell'Esercito.

            Prosegue rilevando che il dimensionamento di tale periodo, in senso riduttivo, è strettamente legato alla credibilità dei dispositivi dì legge che velocizzino il processo di ribilanciamento mantenendo lo strumento militare ai livelli di operatività e flessibilità richiesti senza peraltro penalizzare o mortificare la professionalità delle categorie di personale in eccesso, prevedendo misure di ricollocamento nel mondo del lavoro.

            Al riguardo, sono stati individuati alcuni provvedimenti che l'Esercito italiano si riserva di proporre laddove si dovesse decidere di dare corso all'effettivo bilanciamento della componente in servizio permanente con quella a ferma prefissata (50 per cento-50 per cento).

            Pone poi l'attenzione sulle criticità conseguenti alla disomogeneità tra la provenienza geografica del personale in servizio e la distribuzione geografica delle infrastrutture militari. In particolare, il 90 per cento del personale in servizio nell'Esercito è originario delle regioni del centro-Sud, con quelle del sud che da sole registrano il 71 per cento. Di contro, i dati relativi alla distribuzione geografica delle posizioni organiche delle unità dell'Esercito evidenziano una concentrazione nel nord (41 per cento), rispetto al centro (34 per cento) e al sud (25 per cento).

            Analizzando il dato aggregato delle regioni settentrionali rispetto all'intero territorio nazionale, emerge come il 10 per cento di personale della Forza armata, proveniente dalle regioni settentrionali, non è sufficiente a coprire tutte le posizioni disponibili nei reparti ivi dislocati, pari al 41 per cento.

            Conseguentemente, le rimanenti posizioni devono essere occupate giocoforza dal personale reclutato nelle regioni centro-meridionali.

            Nelle regioni del Centro, la situazione presenta, rispetto al nord, un incremento in termini di base di reclutamento (19 per cento) e un decremento in termini di posizioni organiche (34 per cento rispetto al 41 per cento) presenti al nord).

            In ogni caso il volume del personale reclutato non è sufficiente a colmare le esigenze di impiego nella stessa area.

            Per ultimo, nelle regioni del sud, la situazione è invertita rispetto a quella vista nel nord.

            Infatti, considerando il dato aggregato, emerge come il volume del personale originario di queste regioni (provenienti in particolare da Puglia, Campania e Sicilia) che ammonta al 71 per cento, è decisamente superiore alle attuali posizioni organiche (pari al 25 per cento del totale). Ciò è ancora più evidente se si prendono in considerazione i volumi totali delle domande dì trasferimento presentate a qualsiasi titolo, quasi tutte finalizzate ad ottenere un trasferimento dalle regioni del centro-nord (in particolare Piemonte, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Lazio), verso le regioni del sud (Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia), le stesse regioni caratterizzate dal tasso più alto di origine del personale militare.

            Rileva perciò come una maggiore disponibilità di enti nell'Italia centro-meridionale consentirebbe un migliore bilanciamento delle unità sull'intero territorio nazionale.

            In conclusione, precisa che non si tratta di decisioni definitive in quanto risulterà necessario attendere quanto emergerà dallo studio di implementazione del Libro bianco della Difesa e i contenuti della «revisione strategica della Difesa» e della «pianificazione di lungo termine» del Capo di Stato maggiore della Difesa.

            L'Esercito, in ogni modo,  continuerà ad operare per il bene della Nazione rispondendo, con gli strumenti di cui potrà disporre, alle sfide che gli si presenteranno di fronte sul territorio nazionale e all'estero.

 

         Il presidente LATORRE, ringraziando il generale Errico per la sua esaustiva esposizione e ricordando quanto la Commissione sia sensibile ai temi da lui evidenziati, invita i commissari a porre quesiti.

 

         Il senatore GUALDANI (AP (NCD-UDC)), congratulandosi con il Capo di Stato maggiore per l’incarico e per i contenuti dell’intervento, si sofferma sulle criticità derivanti dalle continue richieste di riduzione dei fondi assegnati alla Difesa rispetto alle esigenze operative di questa, tema che, probabilmente, si porrà di nuovo all’ordine del giorno in occasione della prossima sessione di bilancio.

 

         Il senatore MARTON (M5S) si sofferma sulla circostanza per cui, in base a quanto esposto dal generale, già a dicembre 2015 gli ufficiali generali avranno raggiunto il numero complessivo da conseguire entro il 2021. A tale proposito, chiede spiegazioni circa la richiesta anticipata di collocazione in ausiliaria da parte di alcuni di tali ufficiali, domandando se ciò sia dovuto a un sentimento di malessere o a timori circa il destino dell’istituto dell’ausiliaria.

 

            Il generale ERRICO, specificando che, per quanto riguarda alcune categorie si siano già raggiunti e superati gli obiettivi di riduzione (ad esempio, per quanto riguarda i generali di corpo d’armata, il numero attuale è di diciotto rispetto ai diciannove previsti) rassicura circa i timori paventati dal senatore Marton, non essendovi segnali di preoccupazione sull’istituto in oggetto. In ogni modo, ad oggi un solo generale di corpo d’armata ha anticipato il collocamento in ausiliaria, mentre gli altri tre interessati da analogo provvedimento vi sono giunti a scadenza naturale. Nel complesso, si risente semplicemente degli effetti dati dalla riduzione delle promozioni, con maggiore disponibilità al collocamento al raggiungimento dei limiti di età.

 

         Il senatore BATTISTA (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE) si sofferma sui vantaggi, in campo addestrativo, dati dalle simulazioni, di cui il generale ha parlato nella sua illustrazione, e si domanda se non si possa ulteriormente ridurre l’attività effettuata sul terreno, considerando anche che le sfide strategiche che ci si pongono forse non trovano adeguata rispondenza negli attuali poligoni in uso all’Esercito. Sempre in tal senso, pone la questione di una razionalizzazione dei costi sostenuti per le esercitazioni, prevedendo una dotazione fissa di mezzi all’interno dei poligoni, da utilizzare a rotazione tra i vari corpi coinvolti. Chiede altresì se i militari vengano adeguatamente informati sui rischi per la salute derivanti dalla permanenza nei poligoni stessi.

            Con riferimento al contesto NATO, domanda se attualmente l’Esercito italiano abbia effettivamente la possibilità di impiegare alcune migliaia di uomini in contesto operativo entro 48 ore, nell’ambito del Very High Readiness Joint Task Force (VJTF).

            Esprime inoltre l’auspicio che l’obiettivo della riduzione al 50 per cento della quota di personale in servizio permanente venga raggiunto ben prima del paventato 2042.

            Infine, chiede indicazioni più precise sulle prospettive di utilizzo di blindati "Freccia".

 

            Il generale ERRICO si sofferma dapprima sul tema dell’addestramento, precisando che l’Esercito sta investendo notevoli energie nel campo della simulazione, con indubbi vantaggi anche dal punto di vista dei costi: accanto alle attività totalmente virtuali, che si svolgono all’interno di una stanza, esistono anche simulazioni live effettuate all’aperto, con l’ausilio di sensori elettronici che sostituiscono le munizioni, con lo scopo di minimizzare, oltre che i costi, anche l’impatto sul terreno. In ogni caso l’attività, anche quella tradizionale, all’interno dei poligoni non può essere completamente sostituita.

            Già oggi, peraltro, a differenza di quanto accadeva nel passato, i mezzi sono contingentati e disponibili all’interno del poligono per l’utilizzo da parte di diversi corpi: la riduzione dei fondi per l’addestramento impone infatti necessariamente di concentrare le risorse. Quanto ai rischi per la salute, i militari sono correntemente informati: l’unico limite è dato dalla presenza di eventuali minacce non conosciute.

            Circa le esigenze di intervento rapido, l’Esercito dispone attualmente di 5.000 militari approntati, che tuttavia non sarebbero in grado, come è comprensibile, di raggiungere un ipotetico teatro operativo in sole 48 ore: nel contesto NATO tuttavia si parla di tali numeri come forza complessiva fornita da parte di diversi membri dell’Alleanza, cui l’Italia contribuisce attualmente con un plotone e, dall’anno prossimo, con un reggimento di 800 unità.

            Con riferimento ai blindati "Freccia", ricorda che vi è una prima tranche di 249 mezzi (151 delle quali già consegnate) e una seconda tranche di 381.

 

         Il senatore VATTUONE (PD), formulando le proprie congratulazioni al generale e ringraziandolo per l’esposizione e condividendo l’importanza dello strumento militare per la vita del Paese, domanda una valutazione circa l’introduzione, da parte del Libro bianco, del piano sessennale per gli investimenti che, a proprio avviso, potrebbe essere di ausilio per il conseguimento degli obiettivi della Difesa.

            Chiede inoltre a che punto sia la realizzazione del programma "Forza NEC", anche alla luce di quanto emerso nell’ambito dell’indagine conoscitiva condotta dalla IV Commissione della Camera dei deputati.

            Circa il tema del personale, con riferimento all’ampio squilibrio di provenienza geografica a favore del sud, chiede ulteriori delucidazioni circa la possibilità di trasferire strutture dell’Esercito nelle regioni meridionali.

 

         A tale ultimo proposito, interviene incidentalmente il presidente LATORRE, notando come il baricentro della sicurezza nazionale si sia spostato, rispetto ai decenni passati, verso il Mediterraneo.

           

         Il senatore SANTANGELO (M5S), ringraziando il generale per il suo intervento, si pone problematicamente circa le comparazioni da lui effettuate con l’esperienza francese e tedesca, dal momento che l’estensione della quota di personale a tempo determinato potrebbe creare una situazione di precarizzazione, preoccupante sia per quanto riguarda la minore rete di protezione sociale di cui l’Italia dispone rispetto a quelle realtà, sia con riferimento alla delicatezza dei compiti svolti dal personale della Forza armata. Domanda a tale proposito se l’introduzione del reddito di cittadinanza promossa dalla propria parte politica non potrebbe costituire un ausilio in tale processo.

 

         Il senatore DIVINA (LN-Aut) si associa ai complimenti al generale Errico per la nomina ed esprime vivo apprezzamento per le modalità con le quali sta implementando le direttive impartite, ritenendo encomiabile, in particolare, come i militari, a differenza di altre categorie, tendano a non lamentarsi delle difficoltà del proprio comparto. Esprime preoccupazione sulla riduzione delle risorse per le attività di addestramento, ciò che potrebbe determinare una riduzione delle stesse condizioni di sicurezza dei militari. Riconoscendo che ci si trovi in un tempo poco favorevole per le Forze armate, fa presente come, nel momento in cui si ritenga utile mantenere uno strumento militare, lo si debba fornire di dotazioni adeguate.

 

         Il senatore Luciano ROSSI (AP (NCD-UDC)), associandosi ai complimenti e ai ringraziamenti, dichiara di condividere i contenuti dell’illustrazione, apprezzando in particolare l’accento posto sull’importanza degli investimenti per la Difesa. Nota lo squilibrio, rispetto ad altri Paesi europei, nella proporzione  tra personale a tempo indeterminato e a tempo determinato, con l’auspicio che si possa giungere a un riequilibrio strutturale.

            Esprime altresì preoccupazione per la riduzione dei fondi destinati all’addestramento: nonostante la capacità e la dedizione dei nostri militari abbia consentito, finora, di mantenere un elevato livello operativo, occorre tuttavia reperire risorse a tal fine.

 

            Il generale ERRICO, con riferimento al piano sessennale, nota che gli investimenti per la Difesa richiedono una disponibilità finanziaria strutturale, tanto che si sta pensando anche di includere il supporto logistico integrato decennale nell’acquisizione di nuovi mezzi. Il piano costituirebbe perciò un importante passo avanti, dal momento che gli effetti dei tagli imposti di anno in anno, seppur tecnicamente affrontabili, possono essere particolarmente negativi, sia perché impongono, di volta in volta, un ridimensionamento del programma, sia perché influiscono sulla funzionalità dell’intera industria della Difesa.

            Con riferimento a "Forza NEC", ricorda come attualmente ci si trovi in una fase sperimentale del progetto, iniziato nel 2007, che tuttavia potrebbe essere accelerato, anticipando l’inizio della fase produttiva: poiché si tratta di una piattaforma di interconnessione, occorre che ogni assetto sia già compatibile. A tale proposito, nota incidentalmente come preferisca l’espressione "soldato presente" rispetto a quella finora utilizzata di "soldato futuro".

            Circa lo spostamento verso le regioni meridionali di alcune  strutture, ciò deriva essenzialmente dal fatto che il sud e le isole costituiscono un bacino di reclutamento molto più ampio rispetto alle altre regioni, il che determina un elevatissimo numero di domande di trasferimento in tal senso, rispetto alle quali è stato necessario adottare criteri restrittivi di accoglimento. Nel nord-est hanno ancora sede tre delle nove brigate che compongono l’Esercito: poiché vi sono infrastrutture disponibili anche al centro-sud, sarebbe possibile ribilanciare la distribuzione, accontentando quella parte di personale che ha espresso tale desiderio. L’Esercito, nota, è infatti costituito essenzialmente dai suoi soldati: migliorarne la vita significa alleviarne il disagio e incrementarne le prestazioni.

            Con riferimento al tema della composizione del personale, precisa di non amare i confronti con realtà straniere, dal momento che i militari italiani, nei vari teatri operativi, hanno saputo dimostrare una diversità culturale, data dalla capacità di dialogare con le realtà locali e di utilizzare la forza solo ove necessario. Ciò nonostante, i nostri soldati si trovano, come i colleghi stranieri, ad affrontare avversità climatiche con indosso un equipaggiamento di 51 chili: il che richiede che si trovino in condizioni psico-fisiche idonee.

            L’Esercito italiano ha un problema di invecchiamento, la cui soluzione è l’ampliamento della quota di volontari in ferma prefissata. Per questa ragione sono stati studiati dei provvedimenti, che volentieri vengono sottoposti all’attenzione della Commissione, per garantire loro l’inserimento nel mondo del lavoro al termine dell’esperienza nelle Forze armate.

 

         Il PRESIDENTE, ringraziando il generale Errico per la sua disponibilità ed esprimendo apprezzamento per l’attenzione dimostrata nei confronti delle esigenze del personale, dichiara infine conclusa l’odierna procedura informativa.

 

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Parlamento