Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

Lo scenario più probabile, diceva ieri il presidente dell’Aran, Sergio Gasparrini, è che la contrattazione per il pubblico impiego riprenda nel 2016. Si dovrà aspettare la legge di stabilità, che solitamente fissa l’importo dedicato per il rinnovo dei contratti: «senza non è possibile. Successivamente, dal governo viene dato a noi il mandato per l’avvio delle trattative» ha spiegato il responsabile dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni.

Per il momento non si può che aspettare, dunque. Innanzitutto la pubblicazione della sentenza, che potrebbe arrivare tra un mese o più, visto che la precedente sulle pensioni è arrivata un mese e 20 giorni dopo l’udienza. Ma questa volta c’è di mezzo anche la scadenza del mandato di uno dei giudici (Paolo Maria Napolitano, il 10 luglio prossimo, e prassi vorrebbe che tutto il collegio sia insediato al momento della pubblicazione) e c’è anche la pausa estiva della Corte in avvicinamento. Si vedrà.

Dal giorno della pubblicazione decadono le norme che hanno disposto il blocco dei rinnovi contrattuali (dl 78/2010 e successive proroghe) e si tratterà di capire come finanziare la cosiddetta “vacanza contrattuale” che matura per gli ultimi mesi del 2015. Secondo fonti tecniche dovrebbe valere la stessa logica contabile del rimborso pensioni: l’impatto, sia pur molto modesto, sarà sui saldi 2015 e quindi bisognerà fare una norma e trovare un copertura tra la legge di assestamento in preparazione (il ddl deve essere presentato da Pier Carlo Padoan entro fine giugno) e la Nota di aggiornamento al Def di settembre. Ma il condizionale è quanto mai d’obbligo. Mentre è certo che a finanziare il rinnovo sul prossimo triennio sarà la Stabilità 2016: «immagino che il momento topico sarà la legge di Stabilità» ha affermato sempre ieri il sottosegretario alla Pa, Angelo Rughetti, intervistato da Radio 24. La riforma della Pa per Rughetti è «il binario su cui poi i treni della contrattazione dovrebbero andare, quindi sarebbe buon senso arrivare prima con la riforma della Pa», ovvero il ddl Madia, ora all’esame della Camera. «Credo che la sentenza della Consulta vada colta come occasione per aprire un ragionamento nuovo su come è organizzata la pubblica amministrazione» ha aggiunto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, secondo il quale è ancora prematuro ragionare sulle coperture.

I «treni della contrattazione» di cui parla Rughetti non avranno però bisogno solo di risorse certe per camminare. Il quadro normativo di riferimento è infatti cambiato con la riforma Brunetta (legge 15 e dlgs 150 del 2009) e si è passati dai vecchi comparti e aree dirigenziali a un’ipotesi di massimo 4 nuovi comparti, che Aran potrebbe definire sulla base di un atto di indirizzo già scritto a suo tempo da Funzione pubblica se il Governo non decidesse di mandarne uno nuovo. Novità sui comparti potrebbero arrivare anche dai ritocchi al Ddl delega (si potrebbe passare da 4 a 5) ma il problema resterebbe sul fronte delle rappresentanze. I sindacati del pubblico impiego hanno infatti appena rinnovato i loro organismi sulla base dei vecchi comparti (elezioni a marzo, verifica risultati in corso e nuove rappresentanze attese entro settembre). Adottare i nuovi comparti significherebbe toccare equilibri che incidono sul tavolo negoziale futuro. Ma è dalla composizione anche di questi nodi (dunque non solo dal reperimento delle risorse) che passa il via libera ai «treni della contrattazione».

I sindacati, sia pure in ordine sparso, chiedono l’apertura immediata del confronto e trovano un supporto in questo da voci autorevoli della maggioranza come quella del presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano: «È una scelta - spiega l’esponente Pd - che può essere fatta prima dell’estate per avviare una trattativa che non riguarda soltanto il tema del salario».

 

Il Sole24Ore - 26 giugno 2015

Argomento: 
Attualità e Politica