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La previdenza italiana costa ancora troppo secondo uno studio del Fondo monetario internazionale. Le misure proposte sarebbero più severe della riforma Fornero

 

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Le nostre pensioni costano troppo. Incidono sui conti pubblici perennemente gravati dal debito pubblico in una misura che continua ad attirare l'attenzione degli osservatori internazionali. Un nuovo documento del Fondo monetario internazionale, Italy: Toward a Growth-Friendly Fiscal Reform, (cioè "l'Italia verso una riforma fiscale amichevole") torna a mettere l'accento sulla necessità di rivedere il nostro sistema pensionistico. Proprio mentre  leader politici riprendono a parlare in vario modo e tono della necessità di superare la riforma Fornero, che sotto il governo Monti tanti mal di pancia ha dato agli italiani. Nello studio firmato dagli economisti Michal Andrle, Shafik Hebous, Alvar Kangur e Mehdi Raissi, che contiene dettagliate indicazioni e analisi ma per ora non rappresenta la posizione ufficiale del Fmi (uno dei tre apici della troika economica, con Bce e Commissione europea) si pone l'accento su come la spesa per la previdenza impedisca la crescita dei conti e della cultura del Paese, perché leva risorse agli investimenti e all'istruzione. Morale: bisognerebbe tagliare pensioni e ad assegni di vario sostegno sociale.

Siamo i più esposti dopo la Grecia

La spesa previdenziale italiana è la seconda per peso sui conti pubblici (16% del Pil) dopo quella della Grecia: 253 miliardi e 700 milioni di euro l'anno, a fronte di contributi incassati dallo Stato per un totale di 181 miliardi e 300 milioni, in un Paese di grande precariato, disoccupazione ancora allarmante e invecchiamento costante della popolazione. 

Come vorrebbero tagliare le pensioni

Nelle conclusioni dello studio del Fmi si propongono queste soluzioni per riequilibrare i conti italiani ed evitare di esporci a sanzioni da parte dell'Ue o a richieste di nuove manovre lacrime-e-sangue: per prima cosa, rivedere gli assegni delle pensioni calcolate con il sistema retributivo. Dunque le "vecchie" pensioni andrebbero ricalcolate con altro metodo, o alleggerite delle tredicesime. Proposte misure di "riequilibrio" anche per le pensioni di reversibilità, dato che quelle italiane sono le più alte d'Europa (e incidono sul 2,75% del Pil). Gli economisti autori dello studio per il Fmi propongono di fissare un'età minima perché il vedovo o la vedova ne beneficino, eliminando gli altri familiari. Per coprire la spesa previdenziale bisognerebbe avvicinare la contribuzione degli autonomi (dal 24% al 27%) a quella dei dipendenti (33% della paga). Criticata anche la quattordicesima per i pensionati che ricevono piccoli importi. Non è ancora tutto.

Via i benefici alle mamme

L'ipotesi dei quattro economisti del Fondo monetario internazionale è anche quella di eliminare gli assegni assistenziali per le madri lavoratrici (pensioni comprese). Rivedendo la voce di spesa e destinandola con altre formule agli interventi sociali, a ricominciare dalla famiglia. Il ragionamento alla base del documento sui conti pensionistici di casa nostra è che in un Paese che invecchia e ha una ripresa lenta dopo anni di crisi e recessione le stime del Tesoro sono troppo ottimistiche rispetto al Pil reale. Il Centro Studi Itinerari Pensionistici ribatte che il bilancio della previdenza italiana è ancora in attivo per 30 miliardi di euro, e che se si separa la spesa pensionistica da altre forme di aiuto da parte dello Stato (integrazioni di minimo, prestazioni assistenziali) l'incidenza previdenziale sul Pil italiano si ferma al 12%, che è la media europea. Sulla possibilità di ricalcolare col metodo contributivo le pensioni erogate seguendo il retributivo (quindi quelle fino al 1995) dovrebbe pronunciarsi la Corte costituzionale, perché la Carta protegge i diritti acquisiti dai lavoratori. Percorso su campo minato, come si vede. 

Argomento: 
Attualità e Politica