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I principi sono stati sanciti dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza dell'11 agosto 2015.

"Lo specifico elemento di rischio, esulante dalla normalità delle funzioni istituzionali, è l’elemento caratterizzante della fattispecie giuridica della “vittima del dovere”, anche con riferimento alla l. 266/2005 e a tutte le ipotesi previste dal relativo regolamento di attuazione di cui al d.P.R. 243/2006, atteso che la ratio sottesa alla disciplina in materia è quella di riconoscere benefici ulteriori, rispetto a quelli attribuiti alle vittime del servizio, soltanto a soggetti che, in circostanze eccezionali e per un gesto che rasenti l’eroicità, al fine di evitare un male ormai imminente, siano deceduti o abbiano riportato invalidità di carattere permanente".

È questo il principio sancito dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza dell'11 agosto 2015 n. 3915 sulla cui base è stata riformata la sentenza del TAR che aveva accolto il ricorso della vedova e della figlia di un defunto Carabiniere.

Il triste evento della morte del Carabiniere si verificava mentre era impegnato in un ordinario servizio di scorta, nella traduzione di un detenuto, dal carcere fiorentino delle Murate alla casa di reclusione per minorati fisici di Civitavecchia.

Per un tragico incidente, dovuto ad uno sbandamento del veicolo sul quale viaggiava, il Carabiniere, ammanettato al detenuto per ragioni di maggior sicurezza, perdeva la vita. 

Ad avviso del Consiglio di Stato il beneficio non è dovuto trattandosi di servizio o missione rientrante nei suoi ordinari compiti istituzionali che non ha assoggettato il Carabiniere a rischi eccedenti le sue normali attribuzioni, né lo ha esposto a pericoli implicanti fatiche e responsabilità di maggiore ed eccezionale gravità rispetto a quelli ai quali era di solito assegnato.



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