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La nuova pronuncia del Consiglio di Stato in materia di indennità dei militari per il trasferimento d'autorità previsto dall'art. 1 l. n. 86/2001

La pronuncia del Consiglio di Stato

Periodicamente il Supremo Consesso torna ad occuparsi dell'indennità per il trasferimento d'autorità previsto dall'art. 1 L. n. 86/2001.

Abbiamo già avuto modo di ripercorrere, sia pur in estrema sintesi, il ragionamento svolto dai giudici di appello con la sentenza n. 4029/20 pubblicata il 24.06.2020, Quarta Sezione.

Qui, con la pronuncia n. 7922/2020 (quarta sezione), si ripresenta il tema, questa volta però sotto forma di appello proposto dai militari.

 Il ricorso dei militari

Dunque, in una prima fase il giudice di prime cure rigetta il ricorso dei dipendenti, tendente al riconoscimento dell'indennità per il personale trasferito d'autorità, prevista come sopra accennato dall'art. 1 l. n. 86/01, e alla condanna dell'amministrazione al pagamento delle somme spettanti.

A sostegno del ricorso gli interessati spiegano di essere stati assegnati ad una sede e che, dopo una riorganizzazione e ridislocazione di una base, sono stati trasferiti presso altra neo costituita base.

Chiariscono poi di essere stati implicitamente sollecitati dall'amministrazione militare di appartenenza a chiedere il trasferimento a domanda presso la nuova sede, sita a distanza superiore di 10 km da quella precedente.

Quindi ricordano di aver vanamente chiesto l'indennità; altresì illustrano che il loro trasferimento, ancorchè formalmente a domanda, in realtà non è avvenuto per loro libera scelta, dovendosi qualificare come trasferimento d'autorità siccome conseguente a una scelta organizzativa del datore, finalizzata alla esclusiva realizzazione di un interesse di quest'ultimo.

L'esito favorevole del giudizio

Ebbene, il Consiglio di Stato si mostra sulla stessa lunghezza d'onda dei militari. I trasferimenti in argomento, dice il Consiglio, per in presenza di una manifestazione di gradimento o di un'istanza formulata dagli interessati, devono qualificarsi d'autorità, atteso che in caso di soppressione o diversa dislocazione del reparto, il militare deve abbandonare la precedente sede di servizio e la ragione del trasferimento la si può individuare nella soppressione o nella diversa dislocazione del reparto e non nella manifestazione di gradimento.

In presenza di tutti gli altri presupposti di legge, l'indennità spetta anche al militare che abbia espresso il gradimento, in quanto senza alternative, non esistendo più la pregressa sede di servizio e stante il dovere di obbedienza.

Dice anche il Consiglio che la manifestazione di gradimento rileva ai fini di rendere irretrattabile l'individuazione della sede prescelta e inammissibili, per carenza di interesse, le eventuali azioni giudiziarie intraprese dal militare che subisce il trasferimento, ma non incide sul diritto di credito a percepire l'indennità che scaturisce direttamente dalla Legge in presenza, ovviamente, dei relativi presupposti.

In conclusione: appello accolto e, per effetto della riforma della sentenza  di primo grado, accolto il ricorso al Tar con riferimento al periodo di effettiva spettanza dell'indennità rispetto a ciascun militare avente diritto.

Avv. Francesco Pandolfi


Fonte:

Studio Cataldi

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