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Il decreto-legge n. 65 del 2015 sulla perequazione delle pensioni (il cosiddetto bonus Poletti) è legittimo perchè con esso il legislatore ha realizzato un bilanciamento non irragionevole degli interessi coinvolti: quello dei pensionati a preservare il potere d'acquisto delle proprie pensioni e le esigenze finanziarie e di equilibrio di bilancio dello Stato. E' quanto si legge nella sentenza della Consulta, depositata il 1 dicembre, il cui dispositivo era già stato reso noto il 25 ottobre.

Il provvedimento era stato varato dopo la decisione della stessa Consulta, che aveva giudicato illegittimi i blocco delle perequazioni delle pensioni rendendo necessaria una forma di compensazione, ma era stato a sua volta impugnato, visto che le somme garantite dal governo erano soltanto una parte di quanto effettivamente non incassato per via del blocco.

Il decreto-legge n. 65, sottolinea la Consulta, non è una mera riproduzione del Dl 201 del 2011 (cosiddetto Salva-Italia) perché ha introdotto una disciplina "nuova" e "diversa", ancorché temporanea, della rivalutazione automatica delle pensioni per gli anni 2012 e 2013. In particolare, ha riconosciuto la rivalutazione in misura proporzionale decrescente anche alle pensioni (prima escluse) comprese tra quelle superiori a tre volte il trattamento minimo Inps e quelle fino a sei volte lo stesso trattamento.

Non vi è stata, dunque, alcuna violazione del giudicato costituzionale: è questo il primo punto fermo messo dalla Consulta con la sentenza n. 250 depositata oggi, con cui sono state respinte tutte le censure al Dl 65 contenute in 15 ordinanze. Una pronuncia, viene sottolineato, "che si colloca nel solco della giurisprudenza della Consulta ed è in piena continuità con la sentenza n. 70 del 2015 che dichiarò invece l'illegittimità costituzionale della disciplina del Dl Salva-Italia". Secondo la Corte, con quel Dl "il legislatore aveva fatto un cattivo uso della propria discrezionalità, bilanciando in modo irragionevole l'interesse dei pensionati alla conservazione del potere d'acquisto delle pensioni con le esigenze finanziarie dello Stato, in quanto aveva irragionevolmente sacrificato il primo, in particolare quello dei titolari di trattamenti previdenziali modesti, in nome di esigenze finanziarie neppure illustrate".
Di qui la sollecitazione (con la sentenza n.70/2015) di un nuovo intervento legislativo per bilanciare in modo diverso i valori e gli interessi coinvolti, arrivato con il 'bonus Poletti', che ha seguito le indicazioni della Corte, "ovviamente con effetto retroattivo, seppure limitatamente al biennio 2012-2013".

La sentenza ha ribadito che la rivalutazione automatica è uno "strumento tecnico" necessario per salvaguardare le pensioni dall'erosione del loro potere d'acquisto a causa dell'inflazione, e per assicurare nel tempo il rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità dei trattamenti di quiescenza. Ha ribadito anche che va salvaguardata la garanzia di un reddito che non comprima le "esigenze di vita cui era precedentemente commisurata la prestazione previdenziale". È su questo "solido terreno" che il legislatore deve muoversi bilanciando, secondo criteri non irragionevoli, i valori e gli interessi costituzionali coinvolti: l'interesse dei pensionati e le esigenze finanziarie dello Stato. E le Relazioni tecniche "sono la cartina di tornasole della razionalità di queste scelte", perché da esse "emergono con evidenza - diversamente dal Salva-Italia - le esigenze finanziarie di cui ha tenuto conto il legislatore nell'esercizio della sua discrezionalità".

Legislatore, aggiunge la Corte, che ha ragionevolmente "destinato le limitate risorse finanziarie disponibili in via prioritaria alle categorie di pensionati con i trattamenti pensionistici più bassi, limitando il blocco a quelli medio-alti".

Fonte republica.it