Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

Manca una slide, alle trenta pubblicate dal premier sul sito del governo. È quella sui risultati della «violentissima lotta alla burocrazia» da lui promessa all’inizio della sua avventura a Palazzo Chigi. La mancanza non è casuale: quella battaglia è largamente perduta. Almeno per ora. E se l’aspetto visibile della sconfitta è nell’assenza di miglioramenti nei servizi per il cittadino, quello invisibile è nella conferma dell’inossidabile presenza della altissima burocrazia «di sempre» in tutti i gangli vitali della macchina statale. E il «sempre» non è tanto o solo nei nomi, ma nell’estrazione, nella formazione, nella filiera di riferimento.
 
Chi sono? Sono la Nomenklatura e un’efficace foto di gruppo è in un libro di due giornalisti avveduti – Roberto Mania e Marco Panara - che, non a caso, hanno usato questo titolo. Sono i consiglieri di Stato, i capi di gabinetto, i responsabili degli uffici legislativi dei ministeri, i tecnocrati dellaRagioneria generale, gli alti dirigenti. «Sono potenti, silenziosi, intoccabili. Scrivono le leggi e autorizzano gli emendamenti in Parlamento. Producono gli atti del governo e li giudicano nelle aule dei Tar e del Consiglio di Stato. Sono conservatori per definizione. Se le riforme restano al palo è anche per questo. Alla Nomenklatura non conviene cambiare nulla di quel che c’è». Non è da meno un ex banchiere come Cesare Geronzi, che di sicuro sa di cosa parla: «Il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti, le alte burocrazie ministeriali formano un potere fortissimo quanto irresponsabile che esercita un controllo pervasivo sulla Pubblica amministrazione. In nome dell’indipendenza, queste entità amministrano da sé le carriere. Formano corporazioni con gerarchie ferree, impermeabili a qualsiasi forma di controllo democratico. E così tutti conservano le poltrone e le relative prebende».

Il gattopardo italiano del potere è ancora lì. E le ultime tracce sono ben visibili nella riforma Madia della dirigenza. Attenzione: le norme lasciano immaginare «magnifiche sorti e progressive» che guardano al merito, ai risultati, alla selezione. Ma anche le norme della riforma Brunetta e di quella Bassanini e di quella Frattini disegnavano rivoluzioni epocali. Come è andata a finire, lo abbiamo visto. Perché, in fondo, per perpetuare l’eterno potere del comma basta un capoverso ben piazzato.

RAFFAELE MARMO

Quotidiano.net

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Attualità e Politica