Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

La lunga attesa per il rinnovo dei contratti degli statali sembra avviarsi alla conclusione. Il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, ha dato incarico all’Aran di definire la riforma dei comparti della Pubblica Amministrazione. Si tratta di una delle 15 deleghe da cui è composta la riforma della Pubblica Amministrazione approvata nello scorso mese di agosto e che rappresenta la condizione essenziale per cominciare con i sindacati una trattativa sul rinnovo dei contratti.

Gli stipendi degli statali nei quattro comparti

Secondo le indicazione emerse, la Pubblica Amministrazione dovrebbe essere riorganizzata attraverso l’accorpamento delle dodici amministrazioni attualmente esistenti in quattro comparti. Gli accorpamenti avverranno per ‘affinità’ secondo le seguenti caratteristiche:

  • Conoscenzane faranno parte scuola, università, ricerca e alta formazione artistica e musicale;
  • Poteri locali: Regioni ed enti locali;
  • Poteri nazionali: tutte le pubbliche amministrazioni (ministeri, ecc);
  • Sanità: tutto il settore sanitario.

Ma sarà proprio questa ‘semplificazione’ amministrativa a complicare la trattativa per il rinnovo dei contratti statali, che parte già da una base di trattativa piuttosto difficile da sostenere per il governo, visto l’esiguo stanziamento (300 milioni di euro) previsto dalla legge di Stabilità, pari ad un aumento medio pro capite di 8 euro.

 

Si attende il rinnovo del contratto degli statali dopo sette anni di blocco. Le ipotesi in campo potrebbero riservare sorprese per gli stipendi.

 

Si tratterà, infatti, di far coesistere nello stesso comparto per i quali si discuteranno i rinnovi, differenze di retribuzione in alcuni casi piuttosto rilevanti. Ad esempio, nel comparto dei Poteri nazionali bisognerà amalgamare il reddito medio del dipendente dei ministeri (22.852 euro lordi) con quello delle agenzie fiscali (24.101 euro) e quello degli enti non economici come Enav, Coni, Inps ed altri (26.321 euro).

Le stesse differenze si ripercuotono su tutti i livelli retributivi, fino alla dirigenza e spesso vengono ulteriormente amplificate dal sistema delle ‘indennità’ che variano da ente ad ente.

L’impatto del rinnovo dei contratti sugli stipendi degli statali: le ipotesi

Le strade possibili per amalgamare le diverse retribuzioni all’interno dello stesso comparto sembrano essere, in definitiva, tre: la prima potrebbe essere quella di livellare gli stipendi più alti verso il basso, ma questa soluzione non è ipotizzabile in quanto porterebbe ad una conflittualità sindacale di portata difficile da prevedere, per non parlare che del fatto che i dipendenti pubblici sono, storicamente, una platea elettorale molto ambita che nessuno vuole inimicarsi, tanto meno il premier Renzi.

La seconda ipotesi potrebbe prevedere, all’opposto, un livellamento degli stipendi degli statali verso l’alto, ma è da escludere anche questa strada a causa del costo insostenibile per le finanze dello Stato.

Rimane l’ultima ipotesi, quella più plausibile e realizzabile che vedrebbe confermati gli attuali stipendi di provenienza prevedendo il livellamento degli stessi a partire dai nuovi assunti lasciando ai futuri rinnovi contrattuali il compito di raggiungere un progressivo riallineamento. Da sottolineare che, comunque, anche questa soluzione avrebbe le sue controindicazioni bloccando, di fatto, gli stipendi più alti per chissà quanti anni ancora. Sembra difficile che i sindacati possano accettare questa prospettiva considerando il fatto che si arriva da sette anni di blocco, peraltro dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale.

Un rebus dalla soluzione difficile, ma che occorrerà trovare anche se, questo è sicuro, saranno molti gli scontenti.

 

Fonte: Blasting News

Argomento: 
Attualità e Politica