Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

Continua il confronto tra la delegazione Aran e tutte le considerazioni sindacali della p.a., autonome e non, su due temi fondamentali:  il numero e la tipologia dei comparti della p.a.  e l’osservazione di risultati/dati della rappresentatività sindacale. Al tavolo partecipano tutti...tranne le rappresentanze dei militari....

Vi racconteremo la giornata che ha visto giovedì mattina e pomeriggio, alla sala Nenni dell’Aran, per continuare il confronto tra la delegazione Aran e tutte le considerazioni sindacali della p.a., autonome e non, su due temi fondamentali per la vita di questa zoppicante democrazia: il numero e la tipologia dei comparti della p.a. (incontro del mattino) e l’osservazione di risultati/dati della rappresentatività sindacale (pomeriggio).

Numero e tipologia dei comparti.

La legge Brunetta del 2000 prevedeva, e prevede, che la pubblica amministrazione sia suddivisa in aree/comparti “fino ad un massimo di quattro”. Nella riunione precedente, il presidente Aran – Sergio Gasparrini - aveva ipotizzato che il numero dei comparti fosse tre: scuola, sanità, altri componenti della pa. Di fronte al “no” generale di tutte le confederazioni, aveva promesso di approfondire la questione con la parte pubblica. Ed ecco, allora, ieri la sua nuova proposta: identificare i comparti  sulla base di due elementi, la forte caratterizzazione dell’aggregazione e la quantità del personale da aggregare.  Conclusione, quattro comparti, così suddivisi: mondo dell’educazione, mondo della salute, poteri centrali (ministeri ma non solo), poteri locali (regioni ed enti locali). Secondo Gasparrini, 3 comparti su 4 avrebbero ricalcato la struttura attuale, con poche variazioni della rappresentatività e senza la necessità di interventi legislativi. Si sarebbe quindi avviato un percorso non facile ma forse risolutivo dello stallo in atto.

La discussione, lunga-approfondita-accalorata, ha visto l’unanime apprezzamento del passaggio da 3 a 4 comparti, ma ha consentito di identificare anche una serie di possibili difficoltà e criticità, a partire dalla collocazione – al di fuori o no dei 4 comparti – di presidenza del consiglio dei ministri, università, ricerca, diplomatici. Non solo, ma le diverse confederazioni hanno aggiunto specifici elementi, dubbi, riserve. Li riassumiamo.

In casa Cisl si lamenta che il lavoro pubblico sia divenuto marginale, anche con questo governo. Quale tipo di contrattazione pubblica ipotizza il governo?

In casa Uil si ritiene che il problema dei comparti debba essere inserito entro una cornice più grande. Quale spazio alla contrattazione? Poco, considerato che, finora, questo governo ha agito sulla p.a. “per legge”. Oggi la persistenza della legge Brunetta blocca la contrattazione, impedendo – tra l’altro – quella di secondo livello. La legge di stabilità non prevede risorse economiche per i ccnl, bloccati dal 2009.

Quattro comparti, ma con quali contenuti? Il governo ha disatteso la sentenza della consulta sull’obbligo di riaprire i ccnl; manca un confronto sui decreti delegati che dovrebbero produrre un testo unico sulla pubblica amministrazione. Quindi ulteriori problemi: le regole sulle malattie e il taglio per legge delle prerogative sindacali.

Per la Cgil, i “nodi”, alias criticità, sono due: la rappresentatività ed il mancato dialogo del governo. Per chiudere la partita dovrà essere concordato un nuovo modello di relazioni sindacali.

In casa Usae, il solito ritornello. Dopo l’accordo Aran-Confederazioni del 3 agosto 2010, nessun passo avanti è stato fatto. La legge di stabilità è “muta” sui ccnl. La Madia non ha la delega per modificare il d.lgs.165 ma solo per varare un “testo unico a pacchetto chiuso”. “Siamo disponibili a discutere, ma prima di sottoscrivere vogliamo vedere tutte le carte”. La composizione dei comparti deve andare di pari passo con i ccnl e con la rappresentatività. Va consentita la possibilità di “nuove e diverse aggregazioni”, se cambiano i comparti.

Interessante la posizione della Confedir. Avevamo capito che saremmo arrivati al 4° comparto. Era scontato, ma quali saranno i contenuti di questi 4 comparti e quale impatto avranno sulle regole attuali, a partire dalla rappresentatività? Occorrerà chiarire bene cosa si intenda per “forte specificità e per omogeneità settoriale”. Quali saranno le sezioni, all’interno dei comparti? Dall’architettura occorre passare ai contenuti, ora ignoti. C’è un impatto pesante sulle relazioni sindacali e sul nuovo modello contrattuale, perché occorre valorizzare la contrattazione di 2° livello. Siamo disponibili a discutere ma, prima di firmare un accordo, dovrà esserci chiarezza su tutto, normando in modo dettagliato e chiaro la fase di transizione da un modello all’altro. “Non c’è fretta, perché il governo ha scelto di non finanziare i ccnl pubblici, del tutto assenti dai 1000 commi della legge di stabilità”.

Allineate su queste posizioni la Cse (che ha ribadito il no a false relazioni sindacali), la Cida (chiarezza su università e ricerca), la Confsal (che dice che manca il tavolo di Palazzo Chigi, manca l’omogeneità normativa e delle competenze; mancano garanzie sulla rappresentanza).

Conclusione ? Secondo Gasparrini “non si puo’ uscire dal tema. Ed il tema è: quanti e quali comparti? Andremo avanti su questo, anche se si tratterà di una discussione “strana, perché senza un chiaro mandato governativo”. Comunque sia “ dopo il 6 Gennaio l’ARAN Vi farà una proposta scritta sui comparti, base per una ulteriore discussione. Proposta sui comparti e non sul resto…!”

Molto “sofferto” nel pomeriggio, il comitato paritetico di cui al titolo. Scontata la certificazione dei dati elettorali delle rsu, da parte della larga maggioranza delle confederazioni presenti al tavolo. Meno scontata la discussione successiva, che riportiamo qui, non solo per dovere di cronaca ma per le possibili implicazioni.

Per l’Usb “ la certificazione del dato elettorale va intesa come atto propedeutico al nuovo ccnq (contratto collettivo nazionale quadro) sui comparti e sulle prerogative sindacali. L’attuale ccnq, infatti, scade il 31/12/15.  Per Uil la certificazione implica che le prerogative sindacali debbano essere ripartite sulla base dei comparti precedenti.

Secondo la Cgil, “l’ipotetico accordo sui comparti ha una sua scaletta, di cui una parte integrante è la rappresentanza (che stiamo certificando) a valere per i nuovi comparti, fino alla prossima rilevazione”. La Confsal ha ribadito la convinzione del tavolo: “una normativa transitoria deve regolamentare la materia, non firmeremo altro se non ci sarà chiarezza”. Analoghi concetti ha espresso la Uil di Fucillo il quale ha dichiarato: “Non certificherò i dati prima della definizione dei nuovi comparti”. Cosmed e Cida hanno invece ribadito la necessità di accelerare i lavori di certificazione!  L’Usae ha ribadito che non avrebbe certificato i dati rsu.

Si è poi assistito a una lunga disamina sulla contestazione (da parte di CONFEDIR-DIRIGENTI SCUOLA) relativa alla assenza, tra le deleghe della dirigenza scolastica Confedir, di ben 63 deleghe di cui 31 dovute a mancato inserimento (nella busta paga di Gennaio-Febbraio 2015) della specifica trattenuta sindacale (art.14, CCNQ) e 32 rilasciate da docenti con “pluriennale” incarico dirigenziale. Al di la’ dei tecnicismi ARAN (ex art. 19, commi 5 bis e 6, d.lgs.165; sentenza della Consulta sugli incaricati nelle Agenzie Fiscali), si è capito – dopo accesa e lunga discussione – che la dicotomia tra i dati in possesso di DIRIGENTI SCUOLA e dati ARAN è fondamentalmente legata: a) per i dirigenti “veri” ad errori od omissioni imputabili al MEF; b) per gli incaricati, ad una interpretazione ARAN basata sulla sentenza della Consulta per le Agenzie Fiscali stesse.

Sul problema specifico la delegazione ARAN ha ribadito la posizione assunta in precedenza (“Noi elaboriamo i dati che riceviamo, senza modificarli”) sottolineando i problemi dei “reggenti la direzione scolastica”, ossia la presenza di docenti ex CCNL scuola 1994-1997 (art. 69), per i quali la specifica indennità non implica la natura dirigenziale.

Alla fine il tavolo sindacale, all’unanimità, ha chiuso (per ora?) la questione, ribadendo la validita’ integrale dei criteri di valutazione delle deleghe fissati in precedenza dal tavolo, per il triennio 2016-2018. Ad ogni buon conto, Fratta – Segretario di CONFEDIR-DIRIGENTI SCUOLA – ha annunciato un ricorso legale contro il MEF, accusato di non aver inserito in tabulato tutti i dati relativi agli iscritti al sindacato suddetto. Il tempo dira’…. Nuovo appuntamento, per lunedi’ prossimo, alle 16…

Fonte: Formiche.net 

Argomento: 
Attualità e Politica