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In caso di decesso dell'ex coniuge la divisione della reversibilità avviene in base alla durata del matrimonio, alla durata della eventuale convivenza prematrimoniale, all'entità dell'assegno divorzile, alle condizioni di entrambe

Criteri per la ripartizione della reversibilità alle due mogli

 

Nel calcolare le percentuali di spettanza della pensione di reversibilità in favore della ex moglie e della moglie superstite rilevano la durata del matrimonio, la eventuale convivenza prematrimoniale, che però deve risultare stabile, le rispettive condizioni economiche delle donne e l'entità dell'assegno divorzile riconosciuto dall'ex coniuge. La sola durata del matrimonio non è sufficiente quindi. Questa la decisione contenuta nella Cassazione n. 25369/2022.

 

La vicenda processuale

Il Tribunale riconosce la pensione di reversibilità nella misura del 50% alla ex moglie divorziate e alla moglie superstite con cui il de cuius ha contratto seconde nozze.

Entrambe le donne però ricorrono contro la decisione e la Corte di Appello accoglie il ricorso della ex moglie, riconoscendo alla seconda moglie solo il 5% delle pensione di reversibilità. Secondo il collegio giudicante, la condizione economica è criterio prevalente rispetto a quello della durata del matrimonio.

Errato il calcolo matematico in base alla durata dei matrimoni

La seconda moglie decide così di impugnare la sentenza e la decisione emessa afferma che per quanto riguarda il coniuge superstite e la spettanza della reversibilità la Corte ha tenuto conto della durata trentennale del matrimonio, ma non ha confrontato la sua situazione con quella della ex moglie, finendo per riconoscere un importo sulla base di un criterio del tutto presuntivo, indimostrato e da verificare.

Neppure il valore dell'assegno di divorzio rappresenta un limite per il giudice ai fini della quantificazione della reversibilità spettante al coniuge che lo percepiva. Calcolando quindi la durata dei matrimonio, l'età e le condizioni economiche dell'ex coniuge e di quello superstite, viene riconosciuto a quest'ultima il 25% della pensione di reversibilità.

La ex coniuge però non desiste e ricorre in Cassazione deducendo il calcolo erroneo della quota di reversibilità in quanto eseguito matematicamente in base alla durata dei matrimoni.

Contano durata matrimonio, convivenza e condizioni economiche

Il ricorso della ex moglie viene però ritenuto inammissibile perché la critica riguarda l'accertamento e la valutazione del giudice sui fatti, senza specificare in quale errore lo stesso sarebbe incorso.

La Corte di merito comunque, nel determinare le rispettive percentuali di reversibilità, ha tenuto conto non solo della durata del matrimonio, ma anche dell'età delle due donne e delle rispettive condizioni economiche.

"Ciò in ossequio al principio affermato da questa Corte, anche di recente, secondo cui in caso di decesso dell'ex coniuge, la ripartizione dell'indennità di fine rapporto tra il coniuge divorziato e il coniuge superstite, che abbiano entrambi i requisiti per la pensione di reversibilità, deve essere effettuata ai sensi dell'art. 9, comma 3, della legge n. 898 del 1970, oltre che sulla base del criterio legale della durata dei matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi, correlati alla finalità solidaristica dell'istituto e individuati dalla giurisprudenza, quali l'entità dell'assegno riconosciuto al coniuge divorziato e le condizioni economiche di entrambi, tenendo inoltre conto della durata della convivenza, ove il coniuge interessato alleghi, e provi, la stabilità e l'effettività della comunione di vita precedente al proprio matrimonio con il «de cuius» (Cass., 23 luglio 2021, n. 21247)."

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