Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

Nei prossimi giorni la Marina Militare dovrebbe decidere se e a chi affidare l’appalto per la gestione del “sistema di benessere” del personale. Si chiuderebbe così una lunga procedura iniziata oltre un anno fa e che porterà alla gestione da parte di privati di una serie di attività che vanno sotto il nome generico di “benessere”, e che attualmente sono affidate ad appositi uffici presenti a tutti i livelli gerarchici. Tra l’altro, una delle attività proprie della rappresentanza militare è proprio la tutela del benessere del personale che in questo modo le verrebbe surrettiziamente tolta.

 

di Toni De Marchi

 La storia comincia, dicevo, oltre un anno fa quando viene affidato a una società di Vercelli, la Eudaimon, il compito di effettuare (cito dalla risposta del sottosegretario Gioacchino Alfano a due interrogazioni analoghe del pentastellato Massimo Artini e della deputata piddina Valeria Valente, ma ce ne sono ben cinque presentate tra Camera e Senato) “l’analisi delle iniziative già presenti e delle opportunità di servizio, sia interne che sul territorio; il posizionamento delle iniziative e del sistema di welfare della Marina Militare rispetto alle esigenze previste dei collaboratori” seguita da “un’indagine diretta sui bisogni e sulle aspettative del personale che lavora in ambito Forza armata, attraverso forum di discussione tra piccoli gruppi di persone, presso le principali basi della Marina Militare”. A parte il linguaggio che non si capisce una mazza, per fare che cosa? È sempre il sottosegretario a svelarcelo: “Obiettivo primario è la creazione di forme di supporto alle famiglie capaci di andare a contrastare indirettamente la svalutazione monetaria, attraverso sconti nell’acquisto di beni, indagini sui bisogni dei dipendenti e azioni volte ad attivazione di servizi di conciliazione tra vita operativa e familiare”. Come ripeto spesso, e qui ci sta davvero tutto, ‘azzo signor tenente.

Così per contrastare la svalutazione monetaria anziché rinnovare i contratti fermi da anni e le progressioni economiche bloccate dal governo, chiedono un consiglio a una società privata per la modica cifra di 28mila euro (lo dice sempre Alfano). Ma chi paga questi 28mila eurini? Ma è ovvio, il personale stesso, futuro beneficiario dei futuri benefit perché questi soldi vengono sottratti proprio alle risorse per il benessere del personale. Ma state certi, sono soldi che torneranno indietro moltiplicati, grazie alle “possibili economie derivanti dal reindirizzamento della gestione del welfare verso un settore di grande attualità, come quello della scontistica per gruppi d’acquisto” (cito sempre dalla velina scritta dallo Stato maggiore e letta alla Camera, senza timore di apparire comico, dal sottosegretario Alfano). Tanto tuonò che piovve.

Ma chi è Eudaimon? Come potete immaginare, le loro pagine di presentazione sono piene di facce giovani e ovviamente felici, à la Renzì si potrebbe dire, cariche di quelle parole totalmente inespressive ma molto impressionanti quali “si propone come interlocutore unico dell’azienda in tutte le fasi del progetto di welfare”, “impostazione dei programmi di welfare, ricerche e benchmark” e così via. Il resto mettetelo voi. L’azienda fa capo a un ingegnere, Alberto Perfumo, che non nasconde le sue ambizioni politiche, tanto che a maggio scorso si è presentato alle elezioni comunali con una sua lista civica “SiAmoVercelli”, rigorosamente composta da autoproclamatisi non-politici (anche Berlusca, ricordate?), e che giurava non avrebbe mai fatto accordi con le altre forze politiche. Ma evidentemente Perfumo, senza saperlo, è un renziano Doc in quanto a spericolate giravolte perché al ballottaggio si è poi alleato con la prossima sindaca Pd, Maura Forte, anch’essa seguace del fiorentino. E pochi giorni fa, con estremo spirito di servizio, il Perfumo è anche entrato nella giunta comunale come assessore all’Urbanistica. Ma questo, diciamolo pure, è folklore. Che c’entra con la nostra storia?

Certo, resta da capire perché lo Stato maggiore della Marina abbia affidato una ricerca così complessa e delicata a una società privata di Vercelli senza uno straccio di bando invece di fare, ad esempio, come il Corpo forestale dello Stato che per un’esigenza analoga si è rivolto all’Università di Roma. Costo non 28mila e neppure mille euro, ma zero.

Dunque, la ricerca. Sulla base di questa, il 28 luglio 2014 dall’ufficio dell’assistente aggiunto al Capo di stato maggiore della Marina (ricordate? è l’uomo che sussurrava alle noccioline) parte una lettera a firma di un contrammiraglio che ordina agli uffici di fare una gara per affidare all’esterno i servizi di benessere a favore dei marinai. Spiega la lettera che tale gara deve essere svolta sulla base dei risultati della ricerca condotta di Eudaimon (ricerca, abbiamo visto, affidata brevi manu alla società vercellese). Che c’è di strano, direte voi? Beh, qualcosa di strano a dire il vero c’è. Intanto è molto strano che il Capo di stato maggiore di una forza armata si occupi in prima persona della gestione del benessere del personale. C’è di strano che esiste un intero reparto, Maripers, diretto da un ammiraglio, che già si occupa di queste cose. C’è di strano che il capo supremo dia direttamente l’ordine di fare una gara a un ufficio, la Direzione di commissariato di Roma, che non dipende da lui e senza coinvolgere la catena gerarchica. C’è di strano che le specifiche tecniche le definisca lo stesso capo. E c’è infine di strano che segnali (“a titolo di collaborazione e guadagno di tempo” scrive nella lettera) le ditte da invitare tra cui, udite udite, la stessa Eudaimon che ha fatto lo studio alla base della gara stessa.

Conflitto di interessi? Nel paese dei berluscones, che sarà mai? Scrivo le regole e partecipo alla gara. Normale, no? Che poi alcune clausole si attaglino a questo o quel concorrente è un puro caso, credetemi. D’altronde, le aziende “suggerite” dalla lettera del capo sono numerose: altre sei oltre a quella di Vercelli. C’è ad esempio Sodexo, che fa parte di un gigante mondiale dei benefit aziendali, dai buoni pasto in su. C’è Welfare Company, società milanese del Qui! Group S.p.A., “leader del settore dei Titoli di servizio, dei sistemi di loyalty, del convenzionamento di merchant, della monetica e degli strumenti di pagamento” come scrivono sul loro sito. Il gruppo fa parte della galassia di imprese di Gregorio Fogliani, appartenente a una famiglia di origine calabrese il cui nome compare in una relazione del 2002 della DIA, come si evince da un documento della Procura genovese.

Ma più interessante è forse l’apprezzamento del Fogliani da parte di esponenti di spicco dell’Opus Dei come Pippo Corigliano, già direttore dell’ufficio Informazioni della stessa Opus Dei per l’Italia. Nel suo blog Preferisco il paradiso scrive su Gregorio Fogliani un elegiaco articolo, “Un imprenditore che ama il lavoro, sua moglie e la famiglia“, che così termina: “Insomma esistono gli imprenditori cristiani, anzi cattolici”. Adesso lo sappiamo, che fortuna!

Quanto costerà tutto ciò? Ovviamente non si sa, bisognerà vedere le offerte che dovranno essere aperte. Oltre ai soldi che pagherà la Marina quasi certamente il fornitore potrà guadagnare anche dalle convenzioni che dovesse stipulare nel tempo. Immagino potranno essere un bel po’ di denari, visto che i marinai sono circa 40mila. Ma una cosa è certa: è un altro pezzo di amministrazione pubblica che viene privatizzata, o meglio c’è un pezzo di pubblico che potrebbe anche essere economicamente profittevole ma verrà ceduto a qualche privato, sulla base del ben noto principio para marxista del “i costi al popolo, i profitti a noi” che sarà prossimamente enunciato in una Leopolda appositamente convocata alle Cayman. Ma perché scandalizzarsi? Gli americani non hanno privatizzato la guerra con le Private Military Company? Una volta c’erano mercenari adesso ci sono gli imprenditori (armati). Una volta c’era il benessere del personale adesso c’è il welfare privato. L’importante è far credere che lo si faccia nel loro interesse. Il problema è: loro chi?

Fonte:Il fatto quotidiano 

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