Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

Cultura machista e rifiuto delle terapie psicologiche causa dell’aumento di stress. Lo racconta un libro scritto da un medico della polizia e da un criminologo.L MALE oscuro della polizia italiana sta tutto in una tabella. Dal 1999 al 2011, ben 137 poliziotti si sono tolti la vita. Altri 4 sono stati uccisi da terroristi, 6 in conflitti a fuoco con la criminalità, 22 sono stati vittime di infortuni sul lavoro, ad esempio rimanere investiti mentre si rileva un incidente stradale, e 111 sono le cosiddette vittime del dovere, ovvero quegli agenti e funzionari rimasti uccisi in interventi a rischio come il folle che fa esplodere l'appartamento con il gas.
Il suicidio è quindi  la principale causa di morte di agenti in servizio. "Un dato che è realistico supporre anche più alto, visto che in alcuni casi e per varie ragioni il suicidio può passare per un decesso di altra natura". Francesco Carrer è un criminologo che lavora da anni con la polizia italiana, quella francese e l'Unione Europea. Lui e Sergio Garbarino, vicequestore, neurologo e medico della polizia alla Questura di Genova, hanno appena pubblicato per l'editore Franco Angeli un testo destinato far discutere: "Lavorare in polizia: stress e burn out".

"I dati ufficiali, che siamo riusciti ad ottenere dal Viminale, dimostrano di un malessere diffuso che è la manifestazione estrema di disturbi e disagi sempre più radicati nella nostra polizia, e parliamo di polizia perché non sono purtroppo disponibili i dati della altre forze dell'ordine" spiega Carrer.

Il libro affronta grazie all'esperienza personale dei due autori una lettura attenta dello stress correlato al lavoro (carente organizzazione, mancanza di strumenti, inadeguatezza nella formazione, sono alcuni dei fattori individuati dagli autori) e dell'impatto che questo ha sulla loro vita. Ma anche su quella dei cittadini.

Il rifiuto degli psicologi. "Partiamo da un dato oggettivo- dice Carrer -. La maggior parte dei suicidi di poliziotti o appartenenti alle forze armate avviene con l'arma di servizio. Ma un'arma nelle mani di una persona che soffre psichicamente può trasformarsi in un pericolo mortale non solo per lui. Un agente che è vittima di stress sul lavoro non è un agente che può garantire la massima efficacia, efficacia, e ciò può riverberarsi anche sul suo lavoro a contatto con i cittadini".
I film polizieschi americani ci hanno abituato a considerare istituzionale la figura dello psicologo in polizia.. "Naturalmente non è così  -  prosegue Carrer -. La terapia psicologica a chi indossa una divisa è un problema mondiale. In Europa noi siamo purtroppo tra i più arretrati. In Francia e Belgio si stanno sperimentando forme di assistenza come pool di psicologi che intervengono addirittura assieme ai poliziotti sulle scene degli episodi più cruenti. In Italia non se ne discute neppure. Anzi, è significativo come non tutti i sindacati di polizia affrontino il problema dello stress ma preferiscano barattare turni di servizio o straordinari con rivendicazioni salariali ".

Cultura machista. "Come in altri ambienti  -  continua Carrer  -  esiste in polizia un cultura machista dominante. Quella per cui il disagio psicologico è sintomo di debolezza o malattia che comporta automaticamente un isolamento invece di un supporto. Risultato, quello che accade è questo: "Se sto male me lo tengo dentro". E non aiutano certo i medici inquadrati nel corpo, che spesso, quando raccolgono confidenze sui disagi dei poliziotti, non sono in grado di tenere il silenzio e quindi ne riferiscono ai superiori mettendo in moto il meccanismo di esclusione". Nel libro gli autori riportano considerazioni di altri studiosi che sottolineano anche come: "Il ruolo dello stigma connesso con i disturbi psichiatrici può essere considerato come uno dei principali fattori nell'impedire un trattamento adeguato alle patologie mentali".

I suicidi. I dati che Carrer e Garbarino hanno potuto esaminare sui decessi degli appartenerti alle forze di polizia sono inquietanti. Se nel periodo 2004-2008 la media di suicidi per la popolazione italiana è stata di "5 per centomila abitanti, per i poliziotti quasi si raddoppia diventando del 9,8". Per i casi accertati la spiegazione del gesto è per il 43% dei casi "ignota", mentre nel 17% risulta legata a questioni sentimentali, e poi via via a forme di depressione, malattie di congiunti, separazioni. Il disagio che viene svelato dalla tragedia dei suicidi contiene per gli autori altre verità sulla nostra polizia. Intanto che la scarsa organizzazione, la mancanza di mezzi (auto, ma soprattutto computer, carta etc) resa ancor più cronica dalla spending review, e le cattive abitudini derivanti da una formazione pressoché inesistente (Garbarino fornisce in appendice un decalogo comportamentale per evitare malattie del sonno, una delle patologie più diffuse da chi copre turni di notte, ma anche disturbi alimentari  -  In Francia, spiega Carrer stanno dotando tutti i commissariati di palestre per migliorare le condizioni fisiche degli agenti e stanno sperimentando la possibilità di lasciare in deposito negli uffici l’arma di servizio,evitando di portarla a casa. ) contribuiscono da un lato all'aumento dello stress e delle sindromi depressive e dall'altro favoriscono i comportamenti devianti".

Mele marce. 
Scrivono Carrer e Garbarino: "In generale la tendenza a liquidare tutti gli aspetti relativi ad incidenti gravi da parte del personale  -  abusi, violenze, uso improprio dell'arma di servizio, corruzione, suicidi eccetera  -  come problemi individuali per non mettere in discussione l'organizzazione (l'abusato esempio della mela marcia) non potrà non portare ad un ulteriore avvitamento del sistema con conseguenze sempre più negative per tutti, personale di polizia e cittadini-utenti".

Questi temi saranno oggetto di dibattito in un convegno nazionale organizzato dal sindacato di polizia Silp Cgil che si terrà giovedì alle 15.30 nella sala Dante a La Spezia durante il quale sarà presentato e discusso il libro di Carrer e Garbarino.

Dall'ufficio stampa di Sergio Garbarino riceviamo e pubblichiamo questa nota

"In relazione all’articolo “Il male oscuro della polizia:il suicidio prima causa di morte”, comparso il giorno 13 ottobre c.m. su repubblica.it, faccio presente anzitutto che non ero informato dell'intervista al Dott. Francesco Carrer e che quindi non ho rilasciato alcuna dichiarazione al giornalista di Repubblica. Inoltre tengo a precisare che mi dissocio completamente dalle dichiarazioni del Dott Carrer riportate nell'articolo.
Per quanto si riferisce al taglio impresso all’articolo, basato

 

 

sul fenomeno certo più grave, ma fortunatamente minoritario, degli atti suicidari, si evidenzia che lo stesso rischia di snaturare l’insieme della ricerca, che ha affrontato l’insieme dei problemi connessi al lavoro in polizia". Sergio Garbarino.

 

Fonte: "La Repubblica"

Argomento: 
Forze di Polizia