Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

 Fra le varie problematiche poste dal recentissimo D.Lgs. 29.05.2017, n.94, abbiamo chiesto allo studio legale  con il quale il nostro giornale collabora da anni, di valutare alcune “criticità”, che emergerebbero dalle disposizioni, a regime e transitorie, di riordino del ruolo Marescialli.La nota dello studio legale Coronas

La trasformazione della qualifica di Luogotenente in grado e l’introduzione della nuova qualifica di Primo Luogotenente determina un allungamento dei tempi per raggiungere il grado apicale del ruolo, precludendolo al personale meno giovane;

i Primi Marescialli con meno di 8 anni anzianità nel grado si trovano ad essere declassati dalla posizione apicale già rivestita e ad essere privati, se e fintanto che non conseguiranno il nuovo grado di Luogotenente, della possibilità di transitare nella categoria Ufficiali;

i Marescialli Capo con più di 8 anni di anzianità nel grado in servizio diverranno sì tutti Primi Marescialli, ma indistintamente, e cioè senza conservare la diversa maggiore anzianità posseduta.

  Non nuovi della materia, non possiamo non ricordare che, in occasione del riordino del 1995, la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi su questioni analoghe o affini sollevate in relazione a ricorsi proposti da personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia, ha avuto modo di affermare, fra l’altro, che:

“non esiste un principio che imponga l’intangibilità degli sviluppi di carriera o delle aspettative di promozione o la conservazione delle pregresse anzianità in altra qualifica (con responsabilità e funzioni non coincidenti) del dipendente di Pubblica Amministrazione, essendo rimesso alla discrezionalità del legislatore stabilire il passaggio tra posizioni e sistemi ordinamentali modificati” (Corte Cost. n.151/1999);

“le variazioni dell’assetto organizzatorio della pubblica amministrazione rientrano nelle scelte del legislatore, e non sono di per sé indice di un peggioramento dell’andamento dell’amministrazione, anche se diminuiscono o non accrescono le posizioni di singoli o di gruppi di dipendenti. Ciò quando si inseriscono in un disegno dichiarato di politica normativa tendente alla razionalizzazione e alla omogeneizzazione di situazioni di ordinamenti, quali quelli delle Forze di Polizia o delle Forze Armate” (Corte Cost. n.63/1998);

“non si può ravvisare lesione dell’art.97 della Costituzione per il fatto che siano intervenute variazioni nell’assetto organizzatorio della Pubblica Amministrazione, che non sono di per sé indice di peggioramento anche se accompagnate da minori accrescimenti di posizioni economiche o di svolgimento di carriera di singoli o di gruppi di dipendenti, che pur sempre hanno ottenuto vantaggi e miglioramenti tutt’altro che insignificanti, anche se in misura inferiore a quanto desiderato dagli stessi; ciò quando le variazioni si inseriscono in un disegno dichiarato di politica normativa e in scelte (non palesemente arbitrarie né manifestamente irragionevoli) discrezionali, tendenti alla razionalizzazione e alla omogeneizzazione di situazioni ordinamentali e trattamenti quali quelle delle forze di Polizia e delle Forze Armate, evitando alterazioni settoriali e rincorse di rivendicazioni” (Corte Cost. n.151/1999);

“le norme denunciate sono il risultato di una scelta del legislatore, che può essere anche discutibile in comparazione ad altre possibili soluzioni più o meno convenienti per particolari interessi di categorie o di settori di personale (certamente degni di apprezzamento nella sede opportuna di iniziativa); ma ciò costituisce merito di politica legislativa non sindacabile in questa sede al di fuori dei ricordati limiti di non palese arbitrarietà o di non manifesta irragionevolezza” (Corte Cost. n.63/1998).

  Condivisibile o meno che sia la “scelta del legislatore”, riesce difficile immaginare che la Corte Costituzionale, se e quando investita dell’esame delle disposizioni dalle quali derivano le “criticità” di cui sopra, non confermi i principi già enunciati in occasione del riordino del 1995, individuando le disposizioni dalle quali derivano come “merito di politica legislativa non sindacabile”.

  Il momento, del resto, è tutt’altro che favorevole alle rivendicazioni del personale, quando comportino, direttamente o indirettamente, un aggravio per la spesa pubblica.

  Non ravvisiamo, in conclusione, le condizioni per un’iniziativa giudiziale che possa portare a risultati diversi da quelli negativi sortiti dal contenzioso sul riordino del 1995

(http://www.studiolegalecoronas.it/2017/09/11/brevi-considerazioni-sul-ri...)

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